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L’aborto si diffonde, la Giamaica resiste

Nel Paese caraibico l’aborto non è ancora legale, ma forti sono le pressioni internazionali per approvare una legge permissiva

Giacomo Bertoni di Giacomo Bertoni
24/05/2020
in Vita
628
Reading Time: 4 mins read
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Bandiera della Giamaica

Image by jorono from Pixabay

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Last updated on Maggio 26th, 2020 at 04:01 am

È il 1978 quando, con la legge del 22 maggio 1978 n. 194, in Italia viene depenalizzato l’aborto e ne vengono definite le modalità di accesso. Da anni era in corso una battaglia, parlamentare e culturale, per raggiungere la cosiddetta “liberazione della donna”, una battaglia che ha dei protagonisti precisi: Marco Pannella (1930-2016), fondatore del Partito Radicale, il giornalista Livio Zanetti (1924-2000), allora direttore del settimanale l’Espresso, e altre forze quali Lotta continua, Avanguardia operaia e PdUP-Manifesto. Nulla, da quel momento in poi, sarebbe più stato lo stesso. Non solo da un punto di vista politico, giuridico e sanitario, ma soprattutto da un punto di vita comunicativo e culturale. Qui sta infatti il più grande risultato della formazione politica partito che ha sempre registrato i più piccoli risultati elettorali, il Partito Radicale: chiunque sia nato dopo la 194 non sa immaginare un mondo senza l’aborto.

Eppure, al di fuori di un provincialismo tipicamente italiano, e di una narrazione che ritrae i Paesi dell’Europa settentrionale come automaticamente i più progrediti e civili del mondo, esistono ancora oggi Stati nei quali l’aborto non è consentito per legge. Per esempio la Giamaica.

Il piccolo Stato, circondato dal Mar dei Caraibi, si trova infatti solo oggi a discutere una legge che depenalizzi e consenta l’aborto. E si avvicina alla votazione dopo oltre 12 anni di dibattito pubblico, audizioni parlamentari e petizioni. Difficile prevedere se il parlamento giungerà a un accordo, difficile prevedere in quali tempi, ma le forti pressioni internazionali potrebbero imporre una svolta entro l’estate.

L’accelerazione è arrivata nel 2018, quando l’ex medaglia d’argento olimpica Juliet Cuthbert Flynn e poi deputato del Partito Laburista della Giamaica ha presentato una mozione in cui invita la Camera a prendere in considerazione le rac comandazioni dell’Abortion Policy Group (APG), guidato dal dott. Wynante Patterson. Cosa suggerisce con costanza il dottor Patterson ai governi del mondo? Di legiferare sull’aborto, perché in tanti Paesi avanzati l’aborto è legale, sicuro, è un diritto inalienabile di tutte le donne.

Ed è dal 2007 che l’APG fa pressione sul parlamento giamaicano affinché questo renda l’aborto legale e avvii programmi di pianificazione familiare, comprensivi di corsi di educazione sessuale e di centri per la consulenza pre e post aborto. Insomma, tutte quelle strutture che nei Paesi europei “più avanzati” già esistono, funzionano perfettamente, e garantiscono alle donne e alle coppie di programmare la vita, calcolando l’arrivo di un figlio con gli stessi parametri con i quali si calcola uno scatto di carriera.

Facile intravedere i legami con quella cultura dello scarto più volte citata da Papa Francesco: se il figlio è calcolato, non solo deve arrivare quando stabilito, ma deve anche essere sano, perfetto, funzionante. In quanto agli anziani, a causa del peso che creano sulla Sanità, occorre valutarne la possibile dolce morte. Ovviamente il risvolto psicologico di questo atteggiamento viene sapientemente ignorato.

E non sono queste le uniche pressioni che la Giamaica subisce: da anni, infatti, l’Organizzazione delle nazioni Unite distribuisce aiuti ai Paesi che ne fanno richiesta a patto che vengano rispettate alcune condizioni, comprendenti ovviamente la depenalizzazione dell’aborto. La denuncia arriva da padre Richard Ho Lung, fondatore dell’Ordine monastico Missionari dei Poveri, che è stato ascoltato dalla fondazione di diritto pontificio Aiuto alla Chiesa che Soffre. Ecco le sue parole: «Buona parte dell’aiuto umanitario è subordinato al cambiamento della legge che permette il ricorso all’aborto esclusivamente in caso di anomalie fetali, di pericolo per la madre e in seguito a stupro o incesto». E ancora: «Considero gli aiuti internazionali denaro insanguinato, perché legati alle agenzie di pianificazione familiare che sposano il ricorso all’aborto».

Per questo padre Ho Lung ha fondato una clinica che offre accoglienza alle donne in gravidanza, con oltre venti stanze dove accogliere i casi più delicati. La struttura si chiama Holy Innocent Crisis Center, sorge a Kingston, e si impegna anche ad accogliere e a nutrire i bambini abbandonati dalle loro mamme.

A oggi in tema di aborto in Giamaica rimangono in vigore le norme presenti nell’Offensive Against the People Act del 1864, una provvisione dell’epoca coloniale modellata sull’omonima legge varata nel Regno Unito tre anni prima, la stessa che, fino all’emendamento del luglio scorso, ha consentito all’Irlanda del Nord di bandire l’aborto. Ma, nonostante in un sondaggio il 65% della popolazione si sia espressa contro l’aborto, si fanno sempre più forti le spinte affinché l’aborto diventi legale. Il parlamentare d’opposizione Ronald Thwaites ha invitato i colleghi a votare ascoltando la propria coscienza, restando liberi nonostante giochi politici e pressioni sovranazionali. La parola tocca ora al parlamento.

Tags: Abortocultura di morteGiamaicaMarco PannellaONU. Orgnizzazione delle nazioni UNitePadre Richard Ho LungPartito Radicale
Giacomo Bertoni

Giacomo Bertoni

Giacomo Bertoni, giornalista e scrittore. Già al quotidiano la Provincia Pavese, ha lavorato con Ossigeno per l’informazione, il Ticino, e dal 2016 collabora con Radio Mater. Nel 2009 ha pubblicato il suo primo libro per bambini, Toppy, un moscerino dal cuore grande (EdiGio'), a cui sono seguiti Gino e la Vecchia Consigliera (2011) e Un ponte tra le Valli (2014). Nel 2014 si è laureato in Filosofia all'Università degli Studi di Pavia. Dal 2011 cura il suo blog personale Il parco di Giacomo.

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