Coloro che dissentono dalla santificazione di Michela Murgia, la scrittrice italiana, morta quell’agosto dopo una grave malattia, come il vescovo di Ventimiglia e Sanremo, Antonio Suetta, Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia e Mario Adinolfi, leader del Popolo della Famiglia sono stati aspramente criticati.
Il monsignore, Antonio Suetta, a fronte delle immagini viste durante la celebrazione delle esequie, ha affidato a YouTube il suo pensiero, non tanto sulla scrittrice quanto sul funerale in sé. Fa notare come in quel momento sia stata data la parola «a persone che esprimono convinzioni e pensieri difformi dalla dottrina cattolica e lo hanno fatto in modo anche, a mio parere, un poco sguaiato, suscitando una serie di applausi quasi come tifo da stadio e atteggiamento da festa».
Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia, interpellato da ilGiornale.it, è dello stesso avviso: “Negli ultimi decenni c’è la tendenza ad andare verso il mondo, perdendo di vista i fondamentali della Chiesa Cattolica. È come se ci fosse un complesso di inferiorità nei confronti del mondo e, quindi, un doversi adeguare ai dettami mondani, come direbbe Papa Francesco”. Secondo Coghe è proprio questa tendenza che ha portato a una sorta di santificazione della Murgia che in realtà non dovrebbe esservi “dato che lei diffondeva un pensiero profondamente anticristiano”. E, in questo contesto, chi dissente viene subito contestato “perché – dice Coghe – viviamo nell’era del politicamente corretto chi dissente rispetto al pensiero unico dominante deve essere zittito, annichilito e insultato, ma noi non abbiamo paura e sosteniamo che la Murgia non è una santa dei nostri giorni”.
Mario Adinolfi, leader del Popolo della Famiglia e amico di lunga data della Murgia ricorda bene quando lei nel lontano 2007 sostenne la sua candidature alle primarie fondative del Pd e quanto li unisse “il comune retroterra ecclesiale”. “Solo negli ultimi dieci anni della sua vita ha sviluppato e reso pubblica una vera e propria deriva ideologica che sembrava ossessivamente prona al femminismo più bieco, alla guerra dei sessi mascherata da lotta al ‘patriarcato mesozoico’, che poi alla fine diventava brutale lotta alla famiglia naturale”, spiega Adinolfi che si chiede: “Davanti ad una weltanschauung che aveva trasformato la brava militante dell’Azione Cattolica in una sostenitrice della meglio non precisata “famiglia queer”, ostile ai bambini, che considera il matrimonio un lutto, che sostiene esplicitamente l’utero in affitto, davvero c’è chi ha il coraggio di contestare le parole del vescovo Suetta?”. I cattolici che lo contestano, secondo Adinolfi, vivono una subalternità culturale “verso la paccottiglia ideologica della contemporaneità che va smembrata” e, per comprendere ciò “basta leggere il Vangelo, che è assai più duro della traduzione alla ‘volemose bene, va bene tutto’ che alcuni vogliono far passare cancellando il concetto stesso di peccato dal magistero della Chiesa”.
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