La revolución del «gender» a Cuba

Il nuovo Codice della famiglia, sottoposto a consultazione popolare, accoglie le istanze LGBT+

Cuba

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Il nuovo Codice della famiglia, a Cuba, dovrà essere approvato entro il mese di luglio. In seguito, nella seconda parte dell’anno, la versione definitiva sarà sottoposta a referendum. Intanto, il 1° febbraio è partita la campagna di consultazioni popolari lanciata dal governo nella speranza di ottenere l’appoggio dei cittadini ai 471 articoli del nuovo Codice, che dovrebbe legalizzare i “matrimoni” fra persone dello stesso sesso, sanzionare pesantemente la violenza di genere e vietare i matrimoni precoci.

Su Twitter, il ministro degli Affari esteri Bruno Rodriguez ha affermato che il pacchetto legislativo, promosso per aggiornare la normativa a proposito di matrimonio, divorzio, rapporti patrimoniali fra coniugi, adozioni e altre norme relative alla famiglia, che risalgono al 1975, è «[…] un nuovo esercizio di democrazia partecipativa», «moderno e coerente con la Cuba di oggi», che mira a «delineare una visione più inclusiva, giusta e dignitosa per le nostre famiglie».

Quanto al disegno di legge, «è un codice che tiene conto dei diritti che dovrebbero avere tutti i tipi di famiglia nel Paese», ha affermato di recente il presidente Miguel Díaz-Canel. «E quindi è un codice inclusivo, un codice moderno, un codice umanista».

Il tentativo pare essere quello di scrollarsi di dosso la polvere delle accuse di omofobia, neppure troppo gratuite se si pensa che Fidel Castro (1926-2016), rivoluzionario, politico, militare e statista che ha governato Cuba con pugno di ferro e troppi morti dal 1959 al 2008, «[…] gli omosessuali li perseguitava, incarcerandoli al pari di qualsiasi altro oppositore politico o religioso in una delle tante prigioni di quello che il famoso dissidente Armando Valladares ha sempre definito “il Gulag tropicale”. Solo dal 1979 a Cuba i rapporti omosessuali vengono tollerati, e però esclusivamente come relazione privata tra adulti consenzienti (cioè maggiori di 16 anni) e senza scambio di denaro».

Il “disgelo” pare essersi compiuto nel 2015, quando fra l’altro la nipote di Fidel, figlia di Raúl, succeduto al fratello nel 2008 e fino al 2018, Mariela Castro Espín, sessant’anni, lesbica, psicologa, presidente del Centro Nacional de Educación Sexual de Cuba (CENESEX), direttrice del periodico Sexología y Sociedad e deputata nell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare, fece da madrina al primo gay pride sull’isola e “benedisse” le “nozze” gay, con rito in realtà solo simbolico, di una ventina di coppie di persone omosessuali.

Con l’appoggio del padre, si immagina, più volte dichiaratosi a favore della legalizzazione del “matrimonio” same sex.  

Oggi, sette anni più tardi, per legittimare probabilmente con una patina di democrazia i cosiddetti “diritti” pretesi dalla comunità LGBT+, viene organizzata una serie di incontri e dibattiti popolari a livello nazionale, ma con la possibilità di partecipare alle discussioni anche per i cubani che vivono all’estero, più di un milione e 300mila persone.

Il sito web ufficiale Cubadebate afferma che sono stati allestiti 78.000 punti di incontro e le autorità cubane dichiarano che 900mila fra giuristi, studenti di giurisprudenza e altri specialisti guideranno il dibattito e successivamente elaboreranno le informazioni, prima della consegna delle conclusioni all’Assemblea nazionale del potere popolare, parlamento monocamerale della Repubblica di Cuba. 

Per il momento, si dichiarano contrarie al Codice oggetto di dibattito le femministe, che lamentano il fatto che la nuova normativa non classifichi come un crimine il femminicidio, inteso come l’uccisione di donne e ragazze in ragione del loro sesso. Né sono del tutto entusiasti gli attivisti LGBT+, che lo vedono come un gesto timido e tardivo, un tentativo di mascherare il passato “omofobo” di Cuba. Contraria anche la Chiesa Cattolica, che respinge gli articoli del disegno di legge che in nome della consueta ideologia gender permetterebbero alle coppie dello stesso sesso di “sposarsi” e di adottare bambini.

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