Chi nei giorni precedenti al Natale abbia avuto l’incombenza e la fortuna di recarsi a fare la spesa dal fruttivendolo, che fosse ai banchi del mercato all’aperto o dei mercati rionali, ma in verità anche nella grande distribuzione organizzata, ha potuto gustare uno spettacolo bellissimo per gli occhi e stuzzicante per il naso, che lascia invece all’immaginazione la soddisfazione del palato. Si parla delle primizie, naturalmente, frutti piccoli e lucidi oppure grandi e carnosi, di tutti i colori e le consistenze, ma anche della frutta esotica, sempre più diffusa a ogni latitudine.
Dall’Asia, dall’Africa, dall’America latina, oppure dal nostro Sud o dalle serre liguri o del Garda, per le festività natalizie arrivano spesso sulle tavole frutti insoliti o frutti che anticipano la stagione, ciliegie d’inverno, litchi, durian, fejioa… ormai gli avocado verdi e lucenti, gli ananas baby alti una spanna e le noci di cocco sono quasi scontati.
È l’abbondanza che torna sulla tavola del Natale, i frutti della terra che si sperano di buon auspicio per l’anno che viene, le primizie che rimandano alla primizia per antonomasia, il Gesù Bambino che nasce oggi al mondo come 2021 anni fa.
Retaggio di un’Italia dei tempi passati in cui la frutta era un lusso, mele e pere forse escluse, quando negli anni 1950 le banane si comperavano a numero e non a peso, una o due per volta, solo per i bambini di casa, se inappetenti, di un’epoca in cui i mandarini erano un regalo natalizio ambito e i fichi secchi erano conservati come golosità assoluta in fondo alla dispensa, riservati agli adulti, consumati con un goccio d’aceto, oggi i cesti di frutta speciale in mostra dal fruttivendolo paiono tornare alla ribalta.
È l’augurio dell’abbondanza, della fertilità, del bello e del buono, dei colori, della dolcezza del gusto e del piacere e del conforto. È l’augurio del Natale santo che passa, come spesso, come sempre, dalla famiglia riunita intorno alla tavola. Buone Feste, buon Natale.
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