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La Non-Giornata mondiale della libertà di stampa

Rivendichiamo con forza il diritto alla verità politicamente scorretta delle cose

Marco Respinti di Marco Respinti
04/05/2020
in Editoriali
105
Reading Time: 4 mins read
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Last updated on Maggio 5th, 2020 at 08:56 am

Oggi celebriamo la Non-Giornata mondiale della libertà di stampa.

Ci sono 364 giorni all’anno, 365 negli anni bisestili, per celebrare un bene fondamentale come questo, oggi è uno. Ieri si è celebrata la Giornata mondiale della libertà di stampa, ma è come pagare il conto dal dentista: un secondo dolore che si aggiunge al primo, quello dei denti. La si celebra, infatti, in fretta, con qualcha parole scontata e la coscienza può poi tornare a nanna per un anno intero. Per questo “iFamNews” ha scelto la via di Humpty Dumpty, quella del non-compleanno.

La libertà di stampa è un bene primario. È un caso specifico e notevole (si direbbe in matematica) della libertà di espressione. Nella Carta dei diritti annessi nel 1791 alla Costituzione degli Stati Uniti d’America (1789) per ribadire i limiti invalicabili al potere dello Stato è contemplata al primo posto, ovvero con il Primo Emendamento, quello che nientemeno sancisce la libertà di religione e la sua doverosa, imprescindibile espressione pubblica (libertà di culto, di proselitismo, di intrapresa, e così via). Il diritto alla libertà religiosa è insomma il primo diritto politico del cittadino, spiega quel testo, e da esso derivano per default la libertà di espressione e di stampa, quindi quello di riunirsi  pacificamente in assemblea e di presentare al governo richieste di ottenere riparazione dei torti subiti. Quanto è bella e profonda, insomma, la libertà religiosa, il primo diritto politico.

Ora, la libertà di stampa è dunque un bene supremo che va tutelato. Non a caso tutti i dispotismi, dopo avere soppresso la libertà religiosa, e proprio perché lo hanno fatto, sopprimono sempre la libertà di espressione, di stampa, di assemblea e di soddisfazione dei torti, perpetrando, eternando il potere totalizzante dello Stato.

Noi celebriamo dunque la Non-Giornata mondiale della libertà di stampa, e non la Giornata mondiale della libertà di stampa, perché la libertà di stampa è sempre, ogni dì e ogni notte. A cosa serve, infatti, togliersi il pensiero, pagando pegno, per poi volgere la faccia dall’altra parte mentre nel mondo i diritti delle persone vengono calpestati, la libertà religiosa viene conculcata, i giornalisti vengono minacciati se osano chiamare le cose con il proprio nome? Queste succede ovunque nel mondo, anche a casa nostra.

A che serve fingere di celebrare la libertà di stampa se poi un giornalista deve stare attento a come scrive per non disturbare il manovratore del politicamente corretto? Perché un giornalista non può scrivere liberamente di omosessualità e di gender? Perché non si può dire che l’utero in affitto è un abominio anche se ne servano nomi grossi del jet-set e uomini politici? Perché un giornalista non può scrivere che il matrimonio è solo quello fra un uomo e una donna? Perché non si può scrivere che il matrimonio è per sempre? Perché non si può dire che per il matrimonio non bastano gli affetti? Perché non si può confessare che il femminismo sia una boiata pazzesca? Che il cambio di sesso è una scemenza? Che non è vero che una persona è uomo o donna o altro (magari un paralume stile liberty) a seconda di “come si sente” al mattino? Che “secondo me” è una bestemmia? Perché non si può scrivere che l’aborto è un omicidio? Perché non si può scrivere quel che dice la scienza, ovvero che un bambino nel grembo della propria mamma è autenticamente persona sin dal concepimento? Perché non si può dire che quando un bimbo viene ammazzato nel ventre di sua mamma prova dolore, si dimena, cerca di sottrarsi alla morte? Perché non si può dire che l’eutanasia è un male? Perché non si può dire che il suicidio assistito è un omicidio? Perché non si può dire che non esiste la distinzione fra droga leggera e droga pesante? Perché non si può dire che vendere cannabis è male? Perché non si può dire che le famiglie senza un padre o una madre, o con “due padri” o “tre madri” o “un padre e un geranio” sono abomini? Perché non si può dire che metà, e siamo generosi, della informazione mondiale è pilotata, asservita, mendace? Perché non si può dire che la Cina è totalitaria, vende fumo e niente arrosto, mente sistematicamente a tutti, perseguita, tortura, uccide, espianta a forza organi da prigionieri di coscienza, racconta balle, vende al mondo dispositivi medici farlocchi, ha ritardato la verità sul coronavirus assieme ai propri sodali dell’Organizzazione Mondiale della sanità? Perché? Perché no?

La libertà di stampa è una cosa seria, talmente seria che c’è ancora qualcuno che prova e che crede di fare questo dannato mestiere seriamente, e talora persino per sbaglio ci riesce, almeno un po’.


Quando uno non sa cosa fare se la prende con “la stampa”. Andrebbe mandato in miniera. La stampa è ossigeno e la libertà di espressione un bene inalienabile. Chi se la prende con “la stampa” dovrebbe avere il coraggio di fare sempre i nomi e chi di dovere agire per contestare chi spaccia bugie. Invece siamo nell’epoca delle fake news dove la bugia più grande è la lotta alle fake news che incolpa sempre “gli altri”. Le fake news sono sempre esistite e non si estingueranno mai: non è una scusa valida per zittire chi prova a informare. Noi ad “iFamNews”, nel nostro piccolo, proviamo a farlo quotidianamente. Gli spacciatori di moneta falsa stanno altrove. Sappiamo pure dove. E a volte hanno un pelo sullo stomaco lungo così: celebrano la Giornata mondiale della libertà di stampa.

Tags: giornalismo
Marco Respinti

Marco Respinti

Marco Respinti è il direttore di International Family News. Italiano, è giornalista professionista, membro dell’International Federation of Journalists (IFJ), saggista, traduttore e conferenziere. Ha collaborato e collabora con diversi quotidiani e periodici, sia in versione cartacea sia online, in Italia e all’estero. Autore di libri, ha tradotto e/o curato opere di, fra gli altri, Edmund Burke, Charles Dickens, T.S. Eliot, Russell Kirk, J.R.R. Tolkien, Régine Pernoud e Gustave Thibon. Senior Fellow al Russell Kirk Center for Cultural Renewal (Mecosta, Michigan), è anche socio fondatore e membro del Consiglio Direttivo del Center for European Renewal (L’Aia, Paesi Bassi). Membro del Comitato editoriale del periodico The European Conservative e del Consiglio Consultivo della European Federation for Freedom of Belief, è direttore responsabile del periodico accademico The Journal of CESNUR e, sul web, di Bitter Winter: A Magazine on Religious Liberty and Human Rights.

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