Nei primi giorni dell’anno il governo tedesco guidato dal cancelliere Olaf Scholz, del Partito Socialdemocratico (SPD), ha nominato «il primo commissario federale per le politiche queer». Si tratta di Sven Lehmann, deputato dei Verdi, che «avrà la responsabilità di occuparsi delle politiche volte a promuovere l’accettazione e il rispetto delle persone LGBTQ+ in Germania».
Lehmann si è detto felice ed entusiasta di assumere l’incarico e ha affermato con risolutezza che «[…] il nuovo governo tedesco, in materia di politiche queer, si ispirerà al principio dell’autodeterminazione e farà scelte progressiste per “allineare la politica familiare con la realtà sociale delle diverse forme di famiglia”. Nello specifico, ha promesso un piano d’azione nazionale per garantire a livello costituzionale la protezione delle persone rispetto alle discriminazioni legate a identità di genere e orientamento sessuale e il riconoscimento e la piena applicazione dei diritti delle persone trans, intersex e non binarie».
Come questa dichiarazione si incroci con quanto affermato una decina di giorni dopo, non è chiarissimo. Il commissario federale ha sostenuto infatti, e lo riporta il quotidiano britannico The Times, che «[…] ogni bambino dovrebbe poter avere fino a quattro genitori per riflettere le moderne famiglie “arcobaleno” e “patchwork”». Poiché «un terzo dei bambini del Paese è cresciuto al di fuori dei matrimoni convenzionali», allora «le regole sulla genitorialità devono essere aggiornate». Se il commissario federale desidera affibbiare ai bambini ben quattro genitori, indifferentemente maschi, femmine o “altro”, fa pensare allora che non sia la famiglia «non convenzionale» quella da sdoganare, bensì la poligamia, la poliandria o le unioni poliamorose. È qui che si vuole andare a parare?
Del resto, continua The Times, «il governo di coalizione guidato da Olaf Scholz ha promesso di modernizzare il diritto di famiglia tedesco nell’ambito di un programma di riforme sociali liberali, tra cui l’autoidentificazione di genere e l’allentamento delle normative sull’aborto».
Poiché in Germania il “matrimonio” omosessuale, approvato nel 2017 con 393 voti favorevoli e senza quello dell’allora cancelliere Merkel, che aveva però lasciato piena libertà di scelta ai membri del proprio partito, l’Unione Cristiano Democratica (CDU), prevede fra i diritti acquisiti anche quello all’adozione, non si capisce cos’altro “mancasse” alle coppie tedesche o ai loro bambini.
Il quadro si fa un poco più chiaro quando Sven Lehmann aggiunge: «È nata l’idea di una “comunità di responsabilità”, in base alla quale gli adulti che non sono legati o coinvolti sentimentalmente tra loro sarebbero in grado di entrare in relazioni di tipo familiare legalmente vincolanti. Questi potrebbero includere i diritti tradizionalmente concessi ai coniugi». Scardinando così del tutto, qualora ancora ve ne fosse bisogno, la famiglia naturale con il suo ruolo di accoglienza e di cura, crescendo bambini “figli di tutti e di nessuno” come in una comune degli anni 1970.
È il diritto non già del desiderio, ma addirittura della pretesa: se voglio che una cosa sia, e dico che tale cosa è, ebbene, essa diventa realtà. Un gruppo di adulti “consenzienti” diventa famiglia. Tutto è famiglia e niente più lo è. Con buona pace dei diritti dei bambini, che, a quanto pare, nessuno in proposito ha interrogato.