Nel Rapporto alla cinquantatreesima sessione del Consiglio per i diritti umani dell’ONU, in corso dal 19 giugno al 14 luglio 2023, si sostiene che la tutela del diritto a non essere discriminati per l’orientamento sessuale ha la priorità rispetto alla libertà di religione. “I limiti stabiliti nel disegno stesso della libertà di religione e di credo – compresi i diritti e le libertà fondamentali delle persone LGBT – sono la chiave per la piena compatibilità della libertà di religione e di credo e di tutte le azioni necessarie per combattere la violenza e la discriminazione nei loro confronti”, ha scritto Madrigal-Borloz, l’esperto indipendente delle Nazioni Unite sull’orientamento sessuale e l’identità di genere. Il Rapporto non sollecita specifiche punizioni, ma invita i governi a provvedervi. Inoltre, critica le confessioni religiose che considerano l’omosessualità un peccato.
A questo proposito è interessante notare il capovolgimento dei punti di riferimento prodotto dalla nuova ideologia del gender. La libertà di religione è stata considerata dall’ONU un diritto primario. Le motivazioni sulla cui base le Nazioni Unite riconoscevano questo diritto non erano e non sono convincenti. Hanno infatti un fondamento individualistico e volontaristico: tutte le religioni sono uguali e, per essere rispettato il diritto a manifestare in pubblico una fede religiosa, è sufficiente che questa sia voluta dall’interessato, senza alcuna motivazione. Nella versione ONU della libertà di religione ci sono quindi elementi di indifferentismo e di relativismo religioso. La Dottrina sociale della Chiesa affronta l’argomento in tutt’altro modo, sostenendo che, se in un certo senso il diritto alla libertà di religione può essere inteso come il primo dei diritti, in quanto espressione del diritto fondamentale per l’uomo di cercare Dio come culmine del processo di cercare la Verità, da un altro esso non è assoluto in quanto condizionato dal bene comune quando pretende per sé una dimensione pubblica nonché dal dovere di vagliare tramite la ragione politica la verità delle religioni. Proprio questo è invece quanto l’ONU ha sempre negato.
Ora succede il paradosso, conseguente del resto all’errore di partenza dell’ideologia dell’ONU. Dopo aver sostenuto da sempre che niente precede il diritto alla libertà di religione, che quindi è da considerarsi assoluto nel senso volontaristico visto sopra, ora l’ONU stessa antepone a quel diritto i cosiddetti diritti LGBT, che lo limitano e lo condizionano. Per la Dottrina sociale della Chiesa la libertà di religione è limitata dalla legge naturale e dai diritti della religio vera, per l’ONU è limitata dai diritti LGBT. Un’invenzione artificiosa limita quindi un’altra invenzione artificiosa. È come fondare il nulla sul nulla.