Nella Corte costituzionale è cominciata oggi la camera di consiglio partecipata, cioè aperta alle parti, sugli otto referendum in cui si vorrebbe impegnare gli italiani.
Il calendario dei lavori ha previsto una partenza a gamba tesa: ha cioè cominciato dai quesiti che puntano a legalizzare l’eutanasia e a depenalizzare la coltivazione della cannabis in Italia. I referendum sulla giustizia, promossi dalla Lega e dai Radicali, verranno dopo.
Ora, la Consulta è chiamata a dirimere la madre di tutte le questioni: ovvero se detti quesiti, così come formulati ora, siano ammissibili e non violino, nel proprio essere, la Costituzione italiana. Mentre, come più volte scritto anche da «iFamNews», i dubbi proprio sull’ammissibilità dei tali quesiti sono numerosi e pesanti, qualora la Consulta decidesse invece per il via libera il voto referendario dovrebbe svolgersi tra aprile e maggio.
Se cioè la Consulta dovesse stabilire che a decidere della morte per via eutanasica o del grande male, spesso anch’esso foriero di morte, della droga sia una semplice X dentro un quadratino su un foglietto di carta colorata, se la Consulta dovesse ammettere che la liceità della morte procurata dipenda da una maggioranza di “secondo me”, se la Consulta dovesse permettere che siano le opinioni e la loro somma aritmetica come comperare i fagioli al mercato a permettere la morte e il grande male, la prossima primavera l’Italia sarebbe chiamata alle urne per procurare la morte altrui o fare del male a sé e ad altri con un semplice buffetto.
A tanto è giunta infatti la perversione della democrazia.
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