La «carriera alias» non s’ha da fare, sottosegretario Sasso solidale con i manifestanti

Flash mob davanti al ministero dell’Istruzione: le associazioni per la libertà educativa chiedono un incontro urgente con il ministro Bianchi

Sottosegretario Rossano Sasso partecipa alla manifestazione davanti al Ministero dell'Istruzione

Image from Non si tocca la Famiglia

Quello che è avvenuto mercoledì pomeriggio davanti dal ministero dell’Istruzione segna un passo avanti molto importante, forse decisivo, nel contrasto all’ideologia gender in ambito scolastico.

Venuto a conoscenza di un flash mob, il sottosegretario all’Istruzione, Rossano Sasso, è sceso a incontrare i manifestanti, esprimendo la sua totale sintonia con loro: i progetti di «carriera alias» vanno rimossi da tutte le scuole d’Italia, in primo luogo perché non conformi alla legge.

I “furbetti” dell’antidiscriminazione

«La vostra battaglia è giusta, sacrosanta e opportuna», ha detto Sasso ai partecipanti al sit-in promosso da Non si tocca la famiglia e CitizenGO Italia, e sostenuto da altre associazioni come Pro Vita & Famiglia e Family Day. «Chi discrimina in base all’orientamento sessuale è un’idiota», ha proseguito il sottosegretario, «ma c’è chi vorrebbe usare la lotta alle discriminazioni come cavallo di Troia per infilarci dentro di tutto».

Lo stesso Sasso ha dichiarato che, poco prima di incontrare i manifestanti, ha neutralizzato l’«ennesimo assalto» da parte di un gruppo di «insegnanti ideologizzati» che, in una scuola di Mantova, avrebbero voluto imporre un corso di «educazione alla sessualità» per spiegare a bambini di 9-10 anni «la differenza tra l’amore e il sesso» e altri argomenti assai delicati come l’«aborto indotto». «Sono temi che possono essere discussi ma non in una quinta elementare» e, in ogni caso, la scelta se seguirli o meno dovrebbe essere «lasciata alle famiglie».

Il sottosegretario ha quindi ribadito che l’istituzione della «carriera alias» a livello scolastico è del tutto illegittima, in quanto viola la circolare 1972 del 2015 che esclude l’ideologia gender dai programmi didattici. «Le scuole non possono sostituirsi ai giudici amministrativi o alle autorità sanitarie», ha detto. A conclusione dell’intervento, una provocazione: «La propaganda la facciano nelle sedi di partito o delle associazioni, vediamo quante mamme o quanti papà porteranno i figli nelle loro sedi… Sono al vostro fianco, la battaglia è solo all’inizio».

Abuso ideologico e legge infranta

Sulla gradinata del ministero dell’Istruzione, i manifestanti si sono presentati con delle peculiari maschere con un asterisco impresso sopra, a sottolineare l’assurdità dell’ideologia gender, che sostanzialmente nega la vera identità delle persone.

Il direttore di CitizenGO Italia, Matteo Fraioli, ha lanciato un appello al ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, dal quale «le famiglie stanno attendendo da mesi una risposta» riguardo all’illegittimità della «carriera alias» . «Dove sta il ministro, dalla parte delle famiglie o dalla parte del ddl Zan?», ha aggiunto Fraioli.

Da parte sua, il vicepresidente di Pro Vita & Famiglia, Jacopo Coghe, ha denunciato l’adozione dell’alias da parte di alcune scuole italiane come «qualcosa di obbrobrioso», un vero e proprio «abuso ideologico e legale ai danni dei nostri figli». Oltre a non rispettare la legge, la «carriera alias» , ha ribadito Coghe, «non rispetta la scienza» e nemmeno «il diritto di priorità educativa dei genitori». Al ministro Bianchi, il vicepresidente di Pro Vita & Famiglia ha chiesto di porre un «freno» a questa deriva, dando una «risposta chiara e netta».

La presidente dell’associazione Non si tocca la famiglia, Giusy D’Amico, ha ricordato che la manifestazione davanti al ministero non serve per «attaccare persone ma un’ideologia che vuole corrompere l’animo dei nostri bambini, soprattutto i più fragili e più confusi». La D’Amico ha quindi ricordato l’esempio di quei Paesi – Regno Unito in primis ma anche la Francia – che «stanno tornando indietro» sull’ideologia gender e, in particolare, sulla transizione di genere per i minori, nel momento in cui «hanno compreso quale danno enorme si stava creando» per l’età evolutiva.

«Il ministro faccia chiarezza»

«Chiediamo un incontro urgente con il ministro Bianchi», ha aggiunto la presidente di Non si tocca la famiglia. Se questo confronto sarà negato, «saremo pronti ad una manifestazione più massiccia e a mandare diffide agli istituti che stanno applicando questi protocolli illeciti nelle scuole di ogni ordine e grado», ha dichiarato la D’Amico ad «iFamNews».

La «carriera alias» è un protocollo inapplicabile in Italia, ha ricordato l’attivista pro family, perché «la legge non prevede un cambio di nome sul registro, se non dopo che il tribunale ordinario abbia emesso una sentenza di questo tipo». Se la scuola si ritrova ad «anticipare provvedimenti come questi» compie un «atto illecito», in quanto, «i registri di classe sono atti pubblici, dove vengono gestiti i dati amministrativi degli alunni».

Ad essere infranto sarebbe anche il principio del consenso informato preventivo, con la conseguente «rottura del patto di corresponsabilità educativa che, invece, esige massima collaborazione tra scuola e famiglia proprio nell’ottica di una relazione sempre più fruttuosa e collaborativa», che, in questo caso, «viene offesa e umiliata».

Le associazioni, quindi, attendono l’emanazione di una «circolare che chiarifichi in maniera definitiva quanto tutto questo, dal punto di vista giuridico, sia illecito e non avallato da alcuna normativa scolastica». Iniziative come l’introduzione dell’alias, conclude la D’Amico, «non possono rientrare nell’autonomia scolastica», perché quest’ultima deve configurarsi «all’interno di un quadro normativo precostituito» che, in questo caso, manca.

Le famiglie si sono mosse per la libertà educativa e un membro di spicco del ministero dell’Istruzione le ha appoggiate. Chiarire definitivamente la propria posizione sarebbe dunque qualcosa nell’interesse dello stesso ministro Bianchi. Se quest’ultimo dovesse sconfessare il suo sottosegretario, si tratterebbe di una mossa divisiva, che scuoterebbe gli equilibri nella maggioranza ma, soprattutto, comprometterebbe definitivamente la fiducia delle famiglie nel ministro dell’Istruzione e nell’intero governo.

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