Nella prima serata di martedì 15 febbraio la Corte costituzionale si è espressa sull’ammissibilità del referendum abrogativo riguardante la depenalizzazione dell’«omicidio del consenziente», riguardante cioè quell’articolo 579 del Codice penale che dà tanto fastidio a chi insegue il liberi tutti dell’eutanasia, passando attraverso locuzioni più o meno fantasiose, come quella per esempio di «suicidio assistito» o di «morte assistita».
La Consulta, molto opportunamente, ne ha decretato l’inammissibilità, «[…] perché», recita la nota diramata alla stampa, «a seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, della norma sull’omicidio del consenziente, cui il quesito mira, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili». Nulla di troppo diverso da quanto valutato in altri Paesi europei, come scrive in un approfondimento sul quotidiano Libero di ieri il direttore di «iFamNews», Marco Respinti, commentando due sentenze analoghe, una tedesca e una austriaca, nonché la situazione dei “liberalissimi” Paesi Bassi.
A poco più di 48 ore dalla comunicazione della decisione della Corte, ci si interroga dunque su cosa accadrà ora, dando per scontato che i promotori del referendum ben difficilmente deporranno le armi, benché spuntate, e che comunque la via parlamentare all’eutanasia resta aperta.
«iFamNews» ne parla con Paola Binetti, senatrice, medico neuropsichiatra e docente.
Senatrice Binetti, dopo la decisione della Consulta in relazione al referendum, cosa occorre aspettarsi?
È tutto già molto chiaro, non c’è niente da “aspettare” perché la reazione è già iniziata, praticamente in tempo reale. È una reazione quasi di ripicca, di chi si vede sfuggire un giocattolo che pensava di stringere in mano. Non appena la Consulta si è espressa, in parlamento è ripreso il dibattito in merito al disegno di legge sull’eutanasia. Sul referendum non possono più far conto, per altro le firme valide non sono mai state 1milione e 200mila, ma poco più delle 500mila strettamente necessarie per richiederlo, poiché con il voto “telematico” i doppioni sono stati numerosissimi. E allora tornano a percorrere la via dell’approvazione in parlamento, nonostante siamo tutti oberati di decreti a scadenza di cui occuparci di corsa.
Qual è la sua opinione su questo testo di legge in particolare, anche a voler ignorare il più ampio discorso sull’eutanasia in generale?
Non c’è bisogno di questa legge, innanzitutto. Esiste già, infatti, la Legge 219/2017 sulle Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, che come abbiamo denunciato in passato presenta già un vulnus che potenzialmente apre al «suicidio assistito» quando consente la sospensione dei trattamenti sanitari vitali, vale a dire l’idratazione e la nutrizione assistite. La legge in discussione oggi, inoltre, presenta ambiguità pericolose.
Quali, per esempio?
Una su tutte, il riferimento alle «malattie incurabili» quale ambito di applicazione della legge. Esistono malattie che non sono curabili, perché irreversibili, che non possono però rappresentare il panorama entro cui muoversi per dare liceità all’eutanasia. Si pensi al diabete, alla depressione, alla demenza senile, al morbo di Alzheimer. Nel comunicare la decisione della Corte costituzionale Giuliano Amato, che la presiede, ha affermato proprio questo. L’abrogazione dell’articolo 579 non toccherebbe i casi limite, tragici, che muovono i sentimenti dei più, come fanno credere con il loro stile consueto i Radicali, ma a voler essere paradossali e come ha detto lo stesso presidente Amato riguarderebbe il caso di un giovane, ovviamente maggiorenne, depresso, magari un po’ ubriaco, che chiedesse a un amico di essere ammazzato.
Il caso singolo si regola in punta di coscienza, ma la legge non è carta straccia, diviene prassi, e ciò che non è proibito diventa lecito. È un errore accelerare questa legge, occorre rivederla del tutto.
Ora che la Consulta ha messo fuori gioco l’«omicidio del consenziente» cosa sarà di «Mario», il camionista tetraplegico cui in teoria il Comitato etico della ASL delle Marche avrebbe concesso la possibilità di accedere alla «morte autorizzata», addirittura stabilendo la sostanza con cui farlo?
Qui il caso è molto sottile. Stando alle dichiarazioni, la persona che chiamano «Mario» dovrebbe poter muovere un solo dito, non è dunque immaginabile che possa procurarsi il suicidio, benché assistito. Nel caso ormai celebre di Fabiano Antoniani, alias DJ Fabo (1977-2017), avevano escogitato una sorta di pompetta da prendere fra le labbra con cui il pover’uomo potesse assumere quello che io non chiamo farmaco, ma veleno, configurando così la fattispecie del «suicidio assistito».
In questo caso, non so come potranno architettarlo, né come possa una persona che muove un solo dito autosomministrarsi qualsivoglia sostanza. Si ricadrebbe immediatamente nella fattispecie dell’«omicidio del consenziente», ancora dichiaratamente vietato ed escluso anche dalla via referendaria dalla Corte costituzionale con la sentenza di due giorni fa. Del resto, sinceramente, bisogna intendersi: se si porta una sostanza letale alla bocca di una persona, è suicidio? Non è piuttosto omicidio, benché del consenziente? Da notare, come abbiamo già esplicitato, che si tratterebbe di una sostanza vietata negli Stati Uniti e nell’Unione Europea.
È di nuovo lo “stile” dei Radicali, trasformare l’eccezione in regola e usare il caso pietoso e straziante per stravolgere la legge. Proprio ciò cui ha richiamato Giuliano Amato: il riferimento ai valori costituzionali, che invece devono essere assolutamente preservati.