L’inaccettabile ingerenza dell’Europarlamento sull’aborto

Alle 18 di oggi l’Europarlamento discute di come sostituire gli Stati Uniti nel caso i giudici supremi frenino la mattanza. I vescovi europei insorgono

Unione Europea

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Oggi alle 18, prima di discutere del genocidio dei cristiani in Nigeria, la sessione plenaria del Parlamento Europeo a Strasburgo ha in calendario di interrogarsi su un altro tema, Global threats to abortion rights: the possible overturn of abortion rights in the US by the Supreme Court. E domani vota una mozione proditoria.

Ovvero, siccome la Corte Suprema federale degli Stati Uniti d’America si sta occupando di una caso la cui soluzione ha la forza e il potenziale di abolire la falsa idea che l’aborto sia, in quel paese, un diritto federale, rimettendo la questione ai singoli Stati dell’Unione, ovvero eliminando uno degli ostacoli maggiori, dal 1973 a oggi, per la difesa della vita umana innocente, allora l’Unione Europea si domanda preoccupata come continuare la mattanza, anche fuori dagli Stati Uniti.

Il linguaggio usato dalla UE è pesantissimo: la soppressione di un innocente ancora nel grembo materno intesa come «diritto» umano e la sua limitazione come «minaccia globale» con lo stesso piglio che si usa di fronte al terrorismo.

La retorica è un’arte sublime e sa farsi sottile. Quando diventa tagliente, si trasforma in un’arma. Che colpisce, spesso alle spalle, sempre letale. Vedere le istituzioni europee tanto affaccendate a intentare un processo contro le intenzioni per difendere un’ingiustizia lorda di milioni i morti è sfiancante, deludente e sconfortante.

La Commissione delle Conferenze episcopali della Comunità Europea (COMECE) è, di fronte a questa protervia, sfiancata, delusa e sconfortata. Per bocca del proprio Segretario generale, padre Manuel Barrios Prieto, ha quindi rilasciato una dichiarazione decisiva preventiva, che riporto integralmente dal sito web della COMECE, facendone mie, nostre la denuncia e il monito.

Vediamo con sorpresa che il Parlamento europeo discuterà l’impatto di una bozza di parere trapelata della Corte Suprema degli Stati Uniti sull’aborto. Si tratta di un’ingerenza inaccettabile nelle decisioni giurisdizionali democratiche di uno Stato sovrano, un paese che non è nemmeno uno Stato membro dell’UE. L’adozione di una risoluzione da parte del Parlamento europeo che avalla questa interferenza non farà che screditare questa istituzione.

A questo proposito, vorremmo ribadire che, dal punto di vista giuridico, non esiste un diritto all’aborto riconosciuto nel diritto europeo o internazionale. Pertanto, nessuno Stato può essere obbligato a legalizzare l’aborto, o ad agevolarlo, o essere strumentale per praticarlo.

L’UE dovrebbe rispettare le competenze legislative dei suoi Stati membri e il principio di attribuzione in base al quale l’Unione agisce solo nei limiti delle competenze attribuitele dagli Stati membri nei trattati per conseguire gli obiettivi ivi stabiliti (articolo 5.2 del Trattato dell’Unione Europea ). Come ha espresso il Comitato Permanente della COMECE in un comunicato del febbraio 2022, il tentativo di introdurre un presunto diritto all’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea sarebbe una legge «privata di fondamento etico e destinata a essere motivo di perenne conflitto tra i cittadini dell’UE».

Notiamo inoltre con grande preoccupazione e rammarico la negazione del diritto fondamentale all’obiezione di coscienza, che è un’emanazione della libertà di coscienza, come dichiarato dall’articolo 10.1 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e riconosciuto dal Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ( causa Jeong et al c. Repubblica di Corea, 27 aprile 2011 ). Siamo allarmati dal fatto che il diritto delle istituzioni sanitarie a rifiutarsi di fornire determinati servizi, compreso l’aborto, sia indebolito o, addirittura, negato.

Come affermato dall’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa nella sua Risoluzione 1763 (2010) sul diritto all’obiezione di coscienza nelle cure mediche legali «nessuna persona, ospedale o istituzione può essere costretta, ritenuta responsabile o discriminata in alcun modo a causa del rifiuto di eseguire, accogliere, assistere o sottoporsi ad un aborto, l’esecuzione di un aborto spontaneo umano […] o qualsiasi atto che possa causare la morte di un feto o di un embrione umano, per qualsiasi motivo».

Come ha evidenziato il Comitato Permanente della COMECE: «Siamo consapevoli della tragedia e della complessità delle situazioni in cui si trovano le madri che intendono abortire. Prendersi cura delle donne che si trovano in una situazione difficile o di conflitto a causa della gravidanza è una parte centrale del ministero diaconale della Chiesa e deve essere anche un dovere esercitato dalle nostre società. Le donne in difficoltà non dovrebbero essere lasciate sole, né il diritto alla vita del nascituro può essere ignorato. Entrambi devono ricevere tutto l’aiuto e l’assistenza necessari».

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