Last updated on Settembre 15th, 2021 at 02:22 am
Il consenso al referendum italiano sull’eutanasia è un fiume in piena. Come abbiamo scritto, nessuna sorpresa. Per due motivi, diversi, ma a modo loro contigui, anzi collegati.
Il primo è che viviamo un mondo squinternato, dove tutto è disordinato, moltissimo è capovolto e quel poco che resta è confuso. In questo mondo, quel che è male viene per lo più definito bene, ciò che è sbagliato viene frequentemente detto giusto, quel che non va viene comunque fatto tornare.
Il secondo è che, proprio perché viviamo oramai immersi in questo mondo al contrario, crediamo, non alle favole, magari, ma alle bugie. Una delle tante è che la morte faccia bene. Che la morte sia la soluzione. Che morire sia meglio che vivere. Insomma, che la morte sia buona: detto nel greco che parliamo tutti quotidianamente, eutanasia.
Sì, anche i bambini sanno che è una menzogna colossale, che è più semplice credere all’esistenza dei draghi e degli elfi che a una corbelleria simile. Eppure gli adulti ripetono la fola, ne sono, o se ne dicono e se ne mostrano, convinti. Al punto di non vedere l’ora di poter vivere in uno Stato a cui regalano metà di tutte le proprie ore lavorative in tasse che consentano di darsi e di dare la morte. Per questo così tanti firmano ai banchetti per le strade: perché credono alle bugie.
Che la «buona morte» sia una bugia insostenibile lo mostrano perfettamente gli Stati vedette, quelli che vantano tutti i primati. Primi a legalizzare l’eutanasia, primi a praticarla, primi nel numero delle performance effettuate, primi nelle richieste, primi in ogni più sottile e greve forma di aberrazione a tema. Paesi Bassi e Belgio.
Settimana scorsa il nostro reportage ha illustrato la grande bugia della «buona morte» in quei due Paesi al centro dell’Europa. Lassù è evidente che la scusa pietosa con cui l’eutanasia è stata introdotta nell’ordinamento giuridico è una diga farlocca che non tiene, sfondata subito da un fiume che si ingrossa, limaccioso e mortale, ogni ora che passa.
Se una porta è chiusa, è chiusa. Quando la si apre, anche solo per lo spiffero di un millimetro, oramai è inesorabilmente spalancata. E tornare a chiuderle anche solo lo spiffero è uno sforzo erculeo. Corre infatti più distanza fra 0 e 1 che fra 1 e 10.
Ma le bugie si alimentano così, vivono così, si diffondono così. Si nutrono di fandonie. Migliaia di italiani corrono a firmare per la «buona morte». Ma la «buona morte» non esiste. Esiste la morte. E non è buona. Noi cavalieri dell’evidente perseveriamo dunque con la buona battaglia per ciò che è palmare, rivestiti della corazza del lapalissiano, in un pugno la spada di ciò che è scontato, nell’altro lo scudo di ciò che è lampante, in capo l’elmo di ciò che è flagrante, ritti ben saldi e fermi mentre tutto rutila attorno, cinti i fianchi dell’evidente e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare ciò che è palese. La nostra battaglia, infatti, non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro falsità che nel Paese guasto nessuno sa più chiamare per nome.
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