«La vita è “vocazione ad amare”. Seguire Gesù, dimorare in Gesù, conformarci a Gesù è la condizione per vivere. L’educazione all’amore si propone di accompagnare ogni persona a questa maturità che fa dell’amore una donazione e trova la sua gioia in quel modo di amare che rende capaci di amare. La reciprocità degli affetti non è l’esito di un contratto per la reciproca soddisfazione, ma la rivelazione dell’immagine di Dio che si manifesta nell’uomo e nella donna». Così scrive l’arcivescovo di Milano Mario Delpini nella proposta pastorale per l’anno 2023-2024 Viviamo di una vita ricevuta.
Parole inequivocabili che richiamano la bellezza della chiamata all’amore quale imprinting del Creatore per consentire all’uomo di partecipare della vita divina proprio nella misura in cui è in grado di corrispondere con generosità a tale appello. Dal momento poi che il corpo è «condizione per stabilire relazioni d’amore nella forma della reciprocità», l’uomo e la donna che si amano sono chiamati a valorizzarne anche la dimensione di intimità profonda condivisa nell’atto sessuale. Di qui l’arcivescovo di Milano sottolinea che «è importante accompagnare ciascuno verso la possibilità di cogliere il pieno significato e valore della sessualità in quanto ricchezza integrante di ogni individuo, in modo che essi possano poi comprendere, con maggior consapevolezza e responsabilità, nell’esercizio reale della loro libertà, quale tipo di relazione corrisponde al desiderio più profondo insito nella persona, in quanto essere umano coniugato nella propria mascolinità e femminilità». D’altra parte, prosegue Monsignor Delpini, in particolare il «diventare mamma, diventare papà è una grazia: la vita si rivela vocazione, dono e responsabilità». Riflessioni anche queste estremamente chiare e assolutamente condivisibili, che evocano un modus amandi al maschile e al femminile approfondito nei secoli dalla tradizione della Chiesa e magistralmente condensato in specie nella teologia del corpo di San Giovanni Paolo II.
C’è però nella lettera pastorale di Delpini un passaggio che potrebbe lasciar spazio a dubbi e confusione: «Una cura particolarmente delicata nella sensibilità contemporanea deve essere dedicata ad accompagnare e interpretare l’esperienza dell’amore e delle diverse sfumature dell’attrazione, sia verso persone di genere diverso sia verso persone dello stesso genere. La frettolosa etichetta di “omosessuale”, “eterosessuale” mortifica la dinamica relazionale e tende a ridurla a una “pratica sessuale”».
Nel decostruire la logica delle ‘etichette’ se da un lato Delpini riconosce opportunamente che non bisogna appiattire la persona alla dimensione sessuale, poiché quest’ultima è una soltanto tra le dimensioni che la costituiscono; dall’altro però non menziona la ‘tendenza omosessuale’ e pare accogliere implicitamente addirittura la possibilità di un ‘amore omosessuale’, per quanto accompagnata da un giudizio negativo sul piano morale della pratica degli atti omosessuali.
In effetti egli non spiega né cosa significhi concretamente «interpretare», né con quali modalità pastorali e soprattutto verso quale fine «accompagnare» tali persone, riconoscendo «diverse sfumature di attrazione».
Quest’ultima espressione ci sembra poi davvero poco felice sia nell’aspetto formale, in quanto riecheggia titoli di film degradanti per adolescenti, sia in quello sostanziale, poiché si pone sulla china scivolosa del ‘love is love’ quale criterio sbandierato dalle lobby Lgbtqia+. Data la materia ci sembra che sarebbe stato più opportuno dedicare più spazio e non poche righe cursorie al tema; approfondire ed esplicitare i concetti richiamati proprio per disambiguare, evitando così di prestare il fianco alle strumentalizzazioni ideologiche di chi auspica un’equiparazione de facto in tutto e per tutto della tendenza omoerotica all’amore tra uomo e donna.
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