Il mondo deve svegliarsi ed investire sulla famiglia, natalità e solidarietà intergenerazionale se vuole salvarsi. Le Nazioni Unite hanno lanciato l’allarme sull’invecchiamento “inevitabile e irreversibile” e sulla bassa fertilità in tutti i Paesi, lo hanno fatto nel ‘Rapporto sociale mondiale del 2023’, di 161 pagine, “Leaving No One Behind in an Aging World“.
“Le società che invecchiano possono trovarsi di fronte a sfide fiscali dovute all’aumento dei costi per l’assistenza sanitaria, l’assistenza a lungo termine, la pensione e altre forme di sostegno alla vecchiaia, combinate con una potenziale riduzione delle entrate statali dovuta alla diminuzione dei contribuenti in età lavorativa”, avverte il nuovo rapporto pubblicato nelle scorse settimane, spiegando come moltissimi Paesi stiano sperimentando la bassa fertilità e l’invecchiamento. Per far fronte a questa crisi senza precedenti, il rapporto raccomanda di aumentare le spese per un “invecchiamento sano” e un reddito di base universale per gli anziani. Il rapporto dell’UN ipotizza che i nuovi diritti per gli anziani possano essere finanziati aumentando la partecipazione delle donne e degli anziani alla forza lavoro, aumentando l’immigrazione e adottando politiche orientate alla famiglia per aumentare il tasso di natalità, compresi i congedi parentali e i bonus bebè.
Un documento pubblicato dall’International Monetary Fund analizza i problemi e le conseguenze economiche dell’invecchiamento della popolazione, suggerisce politiche sostenute e orientate alla famiglia per aiutare la ripresa della fertilità, seguendo l’esempio delle nazioni europee più ricche e tralascia clamorosamente, per la prima volta, qualsiasi richiesta di un maggiore accesso alla pianificazione familiare o qualsiasi menzione della salute e dei diritti riproduttivi. I precedenti rapporti delle Nazioni Unite sulla bassa fertilità hanno sempre cercato di bilanciare l’attenzione sulla bassa fertilità e sull’invecchiamento con un continuo sostegno alle politiche di riduzione della fertilità e ai diritti riproduttivi. ll calo della fertilità e della mortalità si combinano per accelerare l’invecchiamento complessivo della popolazione.
Entro la metà del secolo, la maggioranza dei Paesi che godranno ancora del dividendo demografico della gioventù si troverà nell’Africa subsahariana, secondo i dati delle Nazioni Unite. Altrove, in Asia, Europa e America Latina, i governi dovranno sostenere il rapido aumento del numero di cittadini anziani e vulnerabili. Pochissimi Paesi hanno iniziato ad apportare i cambiamenti sociali, politici e fisici necessari, anche se non si tratta di una sfida che si è insinuata tra i politici. I cambiamenti demografici avvengono al rallentatore. I dati sui tassi di natalità forniscono ai governi e agli scienziati decenni di preavviso sull’evoluzione della popolazione, a meno di gravi catastrofi come la guerra.
La situazuione è così poco piacevole, per non dire preoccupante che anche il quotidiano della sinistra globalista ‘The Guardian’ ha dovuto occuparsente domenica 11 gennaio. I governi occidentali sono ancora interessati a far sopravvivere le proprie identità nazionali ed i propri popoli, investendo nelle politiche famigliari serie e di lungo periodo? Al momento, tranne Polonia ed Ungheria, in Europa pare che nessuno ci pensi seriamente e la gran parte dei paesi sia rassegnata al cambiamento etnico e culturale favorito dalle immigrazioni clandestine (via via regolarizzate), con il ‘contorno’ di legislazioni permissive a favore della eutanasia per ridurre la spesa sanitaria nazionale (Canada docket). Siamo di fronte ad una crisi morale, prima ancora che politica.