In Nigeria si continua a morire per fede

La terribile quotidianità dei cristiani in Nigeria nel silenzio dell’Europa

Lagos, Nigeria, tramonto

Image by Namnso Ukpanah from Unsplash

Last updated on Febbraio 4th, 2021 at 09:01 am

La casa distrutta, il marito ucciso e i due figli feriti gravemente, poi, alcuni anni dopo, il rapimento. La storia di Amina, donna cristiana della Nigeria, è la storia di migliaia di cristiani che ogni giorno devono fare i conti con la violenza di Boko Haram e dei pastori fulani. Secondo Open Doors, onlus che monitora le persecuzioni contro i cristiani, ogni giorno in Nigeria vengono uccise in media dieci persone “colpevoli” solo di essere cristiane.

La vita spezzata

La vita di Amina viene travolta da Boko Haram per la prima volta il 2 ottobre del 2012, come la donna racconta a Premier Christian News, quando un gruppo di terroristi fa irruzione nella sua casa a Maiduguri, nel Borno, uno dei 36 Stati federati che compongono la Nigeria. Gli estremisti islamici rubano tutti gli oggetti di valore presenti nella casa, poi si concentrano sul marito di Amina e sui due figli poco più che adolescenti: vogliono che tutti e tre rinneghino la fede cristiana. Questi però non accettano e così ha inizio un terribile pestaggio che uccide il padre. I due figli si salvano. Amina ripete che si è trattato di un miracolo, data la violenza dei colpi subiti, ma i ragazzi vengono trasportati d’urgenza in ospedale e lì rimangono per settimane. Nel giugno 2017 Amina è in viaggio su un autobus. Il mezzo viene fermato da Boko Haram: i passeggeri vengono presi come ostaggi e hanno subito un indottrinamento ostinato nel tentativo di spingerli ad abbandonare la fede. Non hanno però mai smesso di pregare, in segreto, e alla fine sono stati liberati.

Sperare è difficile

Ora Amina riesce a raccontare quegli anni grazie a un lungo percorso spirituale e psicologico fatto assieme a Open Doors. Episodi come questo si ripetono sempre più spesso, ma non riescono a conquistare i titoli dei telegiornali delle 20.00: fondamentale, dunque, la pressione dell’opinione pubblica europea. L’arcivescovo di Benin City e presidente della Conferenza episcopale della Nigeria ha recentemente lanciato un appello, tramite Aiuto alla Chiesa che Soffre, a tutto l’Occidente: «Raccontate le atrocità che avvengono in Nigeria. In questo modo il nostro governo potrebbe sentirsi sotto pressione ed agire. La nostra speranza è che le nazioni dell’Ue e degli Usa sentano l’obbligo morale di proteggere le vite dei cristiani e di tutti i nigeriani che vengono costantemente attaccati e uccisi da Boko Haram e dai pastori fulani». Gli Stati Uniti d’America sono intervenuti, rendendo la Nigeria sorvegliata speciale del Dipartimento di Stato proprio per le continue aggressioni alla comunità cristiana, ma l’Europa tarda a far sentire la propria voce.

I cristiani abbandonati

Ogni nuovo giorno di silenzio, però, copre il frastuono della cristianofobia dilagante nel Paese. Il 15 gennaio scorso è stato barbaramente ucciso don John Gbakaan, parroco della chiesa di Sant’Antonio di Gulu, nella diocesi nigeriana di Minna. Il sacerdote cattolico era di ritorno con il fratello (ancora nelle mani dei terroristi) da una visita all’anziana madre, quando l’auto è stata bloccata e i due fratelli sono stati rapiti. I terroristi hanno chiesto un riscatto alla diocesi di Minna, ma intanto è stato ritrovato il corpo senza vita del sacerdote, ucciso a colpi di machete. Solo poche settimane prima erano stati rapiti il vescovo ausiliare di Owerri e il suo autista, e ancora, il 14 dicembre 2020, diversi studenti di una scuola cattolica erano stati rapiti da Boko Haram. Di questi giovani, ad oggi, non si hanno notizie certe. Come loro, tante vite sono in pericolo e non ricevono aiuto dalle istituzioni locali che, quando non viziate dalla corruzione, agiscono in favore degli estremisti per paura e convenienza.

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