In Cina e in Vietnam si crede e si nasce ancora

Nonostante persecuzioni e politiche antifamiglia, nelle comunità cattoliche vietnamite e cinesi i tassi di natalità crescono

Un ragazzo accende una lanterna in una campagna del Vietnam

Image by Sasin Tipchai from Pixabay

Last updated on Giugno 16th, 2020 at 03:32 am

In Europa il tasso di natalità sta precipitando: nel Vecchio Continente, dal 2018, il numero dei morti supera il numero delle nascite. Da tempo si studiano le relazioni fra denatalità e politiche familiari, fra giovani coppie che decidono di aprirsi alla possibilità di avere figli e bonus bebè. E non mancano le sorprese, dato che la natalità cala vertiginosamente anche in Finlandia, da sempre il Paese che dedica il numero maggiore di contributi di tipo economico alle neomamme. Non basta, insomma, promettere agevolazioni economiche per convincere le coppie ad avere figli.

Che relazione c’è però tra natalità e fede? Facile guardare all’islam, la religione che presenta il più alto tasso di natalità. Basti pensare che in Italia, nel 2019, i musulmani sono cresciuti di 127mila unità rispetto all’anno precedente, laddove i cristiani sono invece calati di 145mila unità. Ma anche il cristianesimo sembra avere ancora qualcosa da dire, e dati sorprendenti arrivano da Paesi nei quali pensare di costruire una famiglia numerosa pare una follia: Vietnam e Cina.

La Chiesa che resiste

In Vietnam, fino a pochi anni fa, riguardo la natalità vigeva una politica ispirata a quella cinese: ogni famiglia poteva avere massimo due figli. Il tasso di fertilità nazionale si attesta su 2,03 figli per donna, ma il tasso di fertilità della popolazione cattolica è di 2,28. Una differenza confermata e rafforzata confrontando i tassi di natalità delle popolazioni rurali vietnamite (i due terzi del totale): il tasso generale rurale è di 2,14 e il tasso rurale cattolico è 2,53.

Se si guarda il Vietnam dall’alto si possono cerchiare sulla cartina le diocesi più popolose del Paese: si tratta della diocesi di Phat Diem, nella provincia di Ninh Binh, e della diocesi di Bui Chu, nella provincia di Nam Dinh, entrambe nel Vietnam settentrionale, e della diocesi di Xuan Loc, nel Vietnam meridionale. In queste aree, definite il cuore cattolico del Paese, il tasso di natalità sfiora il 2,74. Non va dimenticato però che la Chiesa Cattolica vietnamita subisce costanti persecuzioni. Qui non esiste, come invece accade in Cina, una doppia Chiesa: una ufficiale, approvata dal regime, e una clandestina, fedele al Vangelo. La Chiesa Cattolica in Vietnam può operare alla luce del sole ed è particolarmente impegnata contro nuovi mali, in arrivo dall’Occidente: l’edonismo, l’avidità e il materialismo. Mali che arrivano in Vietnam con i soldi dei turisti sessuali, in gran parte occidentali, quegli stessi turisti che sfruttano le donne vietnamite, spesso giovanissime, nella tristemente nota strada di Phan Ngu Lao. Che, quasi come uno scherzo del destino, si trova a pochi metri dalla cattedrale di Notre Dame a Ho Chi Minh City.

I bambini nascosti al regime comunista

Il discorso si fa più delicato per i fedeli cattolici in Cina, dove è quasi impossibile ottenere dal regime comunista dati sulle comunità religiose del Paese. Gli stessi dati generali sul tasso di natalità sono spesso manipolati verso l’alto per giustificare l’intransigente linea politica contro le nascite. Per avere una fotografia, forse non completa ma reale, di quanto sta avvenendo in Cina, occorre lasciare le immense metropoli e addentrarsi nei villaggi rurali, in quei luoghi, insomma, dove sprazzi di libertà riescono ancora a sfuggire ai tentacoli del regime. Per esempio nella contea di Qingxu vicino a Taiyuan, un villaggio cattolico di oltre 10mila abitanti. Una volta chiusa l’era di Mao Zedong (1893-1976) qui è stata costruita una maestosa cattedrale, frequentata tutti i giorni da centinaia di persone e da tantissimi bambini. Ebbene sì, nonostante l’occhio del regime controlli ogni contea del Paese, i bambini a Qingxu sono tantissimi, molti di più di quelli concessi dal potere. I villaggi rurali sono solitamente abitati dai vecchi, perché i giovani migrano verso le grandi città in cerca di fortuna.

La situazione è inversa a Qingxu e la ricetta segreta è proprio nei forti legami di comunità: le famiglie vivono vicine, si aiutano a vicenda, sono disposte a rischiare per difendere i nuovi nati dal regime e a pagare tutti insieme le pesanti multe che fioccano contro chi ha più figli. Un’immagine sorprendente, descritta da Anthony Clark, dell’Università di Whitworth, che ha visitato questi villaggi restando senza parole per la vivacità della vita cristiana. Anche nel vicino villaggio di Liuhecun i cattolici hanno preferito seguire il Catechismo della Chiesa Cattolica rispetto alle leggi varate dal regime comunista e la media sfiora i 5 figli per famiglia.

La minaccia più grande per queste comunità è la feroce urbanizzazione, perché nelle grandi città la libertà è solo apparente e il regime riesce a controllare la vita dei cittadini in ogni aspetto, compresa ovviamente la pianificazione familiare, imponendo la contraccezione e l’aborto. La vera domanda oggi è: resisteranno ancora a lungo questi piccoli villaggi? Luoghi antichi, dove le piccole pedine impazzite che corrono per le strade trafficate delle metropoli sono in realtà volti amici, disposti a rischiare ogni giorno pur di salvare una nuova vita che nasce.

Exit mobile version