Last updated on Luglio 21st, 2021 at 09:38 am
John Sherwood, 71 anni, è un pastore evangelicale. In aprile è stato arrestato, a Londra. L’accusa? Omofobia. L’uomo, citando la Bibbia, aveva osato affermare durante una predica in strada che «il matrimonio può esserci solo tra un uomo e una donna». Sul posto sono giunti gli agenti che, a causa del rifiuto a smettere di proferire affermazioni simili, lo hanno ammanettato e portato via. È stato poi rilasciato il giorno seguente e si trova ora «sotto inchiesta».
La presentazione in Senato
La vicenda di Sherwood fa parte del nutrito elenco stilato da Pro Vita & Famiglia nel rapporto presentato ieri in Senato sulle violazioni delle libertà fondamentali causate dalle leggi sull’omotransfobia. Il lavoro ‒ presentato con i senatori Simone Pillon, Lucio Malan e Isabella Rauti ‒ ha l’obiettivo di evidenziare i rischi che correrebbe Italia qualora fosse approvato il «ddl Zan». Secondo gli autori del documento, potrebbe diventare reato citare la Bibbia. Ma non solo. Il rapporto pone l’accento sui possibili effetti dell’introduzione del concetto di «identità di genere» nell’ordinamento italiano.
«Identità di genere»
Nella prefazione al testo si legge: «Se un maschio si percepisse come “donna”, sarebbe obbligatorio considerarlo e trattarlo in tutto e per tutto come una donna, sotto pena di commettere o istigare alla discriminazione». E ancora: «L’imposizione dell’identità di genere ha favorito, in molti Paesi, situazioni in cui le donne sono state discriminate o messe in pericolo in quanto ambiti a loro usualmente riservati (ad es. spogliatoi, carceri femminili, sport femminili, ecc.) sono stati occupati da maschi transgender (che si percepiscono come “donne”)». Il Rapporto fa riferimento alle polemiche scaturite dalla partecipazione di atleti transessuali maschi a gare sportive femminili. Forse, con l’approvazione del «ddl Zan», prenderebbe una denuncia anche Caitlyn Jenner: l’ex campione olimpico statunitense, oggi lui stesso transessuale, qualche tempo fa ha contestato questa pratica.
Gender a scuola
Dallo sport alla scuola, il passo è breve. Durante la presentazione al Senato Maria Rachele Ruiu, esponente del direttivo di Pro Vita & Famiglia, ha reso noto il caso di molte ragazze che, nel Regno Unito, rifiutano di andare a scuola dopo che sono stati introdotti bagni gender-neutral. La Ruiu ha detto che nelle scuole «qui in Italia già propongono progetti gender che decostruiscono il maschile e il femminile a beneficio della identità fluida». L’attivista si è allora chiesta: «Se io non volessi questo indottrinamento per i miei figli, sarei una omofoba?». Del resto, come già evidenziato da «iFamNews», alcuni articoli del «ddl Zan» potrebbero dare veste legislativa all’ideologia gender a scuola.
Un Rapporto che serve a far riflettere
Secondo la Rauti, facendosi beffe della priorità educativa dei genitori «l’approdo finale è l’indifferenza sessuale e l’autodeterminazione del proprio genere». Perché, le ha fatto eco Pillon, le leggi per punire chi compie atti violenti verso gli omosessuali esistono già. «Facciamole funzionare e, se serve, inaspriamole», ha detto. Ma, ha aggiunto, «evitiamo di strumentalizzare le aggressioni contro le persone più fragili come foglie di fico per veicolare ideologie e imbavagliare» opinioni sgradite. Molti sostenitori di questa legge, ha osservato Malan, ritengono che sia «un’innocua tutela verso le persone in difficoltà». Per il senatore di Forza Italia l’obiettivo del Rapporto è allora far riflettere costoro. I quali potrebbero aggiungersi alle oltre 240 mila persone firmatarie della petizione di Pro Vita & Famiglia contro il «ddl Zan».