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Il “modello Trentino” contro la droga

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Il “modello Trentino” contro la droga

Federico Samaden, di San Patrignano, spiega come combatterla sul serio

Andrea Bartelloni di Andrea Bartelloni
11/12/2020
in Famiglia
247
Reading Time: 6 mins read
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eroina

Image from Pixabay

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Last updated on Dicembre 16th, 2020 at 06:20 am

Con quattro mesi di ritardo, il Dipartimento delle politiche antidroga del parlamento italiano ha pubblicato la Relazione annuale al parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia anno 2020 (dati 2019). Il ritardo è certamente da imputare all’emergenza CoViD-19, ma l’attenzione della politica italiana al problema tossicodipendenza resta insufficiente. 

Federico Samaden conosce bene il problema. Nel 1989 ha fondato, assieme all’imprenditore romagnolo Vincenzo Muccioli (1934-1995), la sede trentina di San Patrignano, la ben nota comunità di ricupero per giovani afflitti dal problema della droga, gestendola fino al 2007. Con Fotogrammi stupefacenti. Storia di una rivincita ne racconta i tratti salienti e con “iFamNews” ragiona di una emergenza tristemente ignorata.

«Il problema non è solo quello dell’attenzione dei media», dice Samaden, «è una questione più generale. Da un decennio le coscienze sembrano anestetizzate, e pare esserlo anche la famiglia, ovvero il fulcro dei processi formativi della persona. A catena è venuta quindi a mancare la responsabilità della scuola e delle istituzioni. Ci sono addirittura interi partiti politici che promuovono la “droga leggera” attraverso finanziamenti pubblici e grosse bugie. Ebbene, tutto questo rivela come il valore stesso della vita umana sia divenuta mera merce di scambio, negoziabile. Il tema fondamentale è questo».

Eppure, come documenta Luciano Squillaci, presidente della Federazione italiana comunità terapeutiche, è proprio dalle famiglie che arriva l’allarme. Oggi il problema droga si manifesta infatti già dai 12-13 anni…

Quando il dramma della droga tocca da vicino, allora uno si sveglia. L’anestesia cui accennavo colpisce purtroppo quella fascia di persone che non sono toccate direttamente dalla droga, ma che pure dovrebbero sentirsi impegnate su questo fronte, sia culturalmente sia dal punto di vista educativo, ma che invece non lo fanno. Chi è toccato direttamente da questo dramma si scuote, certo, e molto spesso non è capace di affrontarlo, fugge o trova mille scuse. E infatti le voci che si alzano sono quelle delle Comunità o di quelle famiglie che fanno parte di associazioni che hanno a cuore l’educazione.

Quest’anno, complice la pandemia, sono di fatto venute meno diverse occasioni di scambio e di diffusione della droga. La relazione del Dipartimento delle politiche antidroga del parlamento, che riferisce dati del 2019, sottolinea la necessità di un monitoraggio della diffusione delle sostanze stupefacenti su web e dark web, ovvero quella parte sommersa di Internet che non viene indicizzata dai comuni motori di ricerca. È qui che i ragazzi navigano con grande facilità. Un documento dell’EMCDDA, ovvero lo European Monitoring Centre for Drug Addiction, e dell’Europol, l’agenzia dell’Unione Europea per la lotta al crimine, si sofferma sull’impatto che la pandemia di CoViD-19 esercita sul mercato della droga in 22 Paesi europei concludendo che, per questo, è aumentato il commercio online. E tale fenomeno sicuramente resterà. Che esperienza ha di questi cambiamenti?

La droga è una bestia che si sa adattare facilmente alle situazioni. Ogni volta che cambia il contesto, essa sa come insinuarsi e come mantenere il mercato. In questo caso, con il lockdown, si sono modificati i canali dello spaccio ed è aumentata la consegna a domicilio: per esempio sono aumentati gli scambi nei supermercati. Poi c’è stato un aumento dell’acquisto online di prodotti per il fai-da-te, come coltivare l’erba e assemblare l’ecstasy. In più c’è un’onda lunga arrivata dagli Stati Uniti legata agli antidolorifici e agli oppiacei di sintesi.

Il 3 novembre, negli Stati Uniti d’America, oltre che per il presidente, il vicepresidente e gran parte del Congresso federale, si è votato per diversi referendum, alcuni dei quali hanno esteso la decriminalizzazione di molte sostanze stupefacenti.

La politica degli Stati Uniti sotto questo aspetto è contraddittoria. Gli adulti non ragionano più in termini di aiuto ai figli per costruire un percorso di vita sensato, dunque di contrasto alle vie di fuga che li “tentano”. È come se, vedendo il proprio figlio con una gamba fuori dalla finestra, si sia smesso di cercare di “tirarlo dentro”. È un grande problema educativo.

«Nell’ottica della prevenzione di morbilità e mortalità tra gli utilizzatori di sostanze», si legge nella Relazione del Dipartimento delle politiche antidroga, «si inseriscono le attività di riduzione del rischio e del danno condotte a livello territoriale dalle diverse realtà pubbliche e private. I servizi che si occupano di trasmettere informazioni, al fine di aumentare la consapevolezza di consumatori e potenziali consumatori circa i rischi sanitari derivanti dall’uso di sostanze, sono diffusi soprattutto nelle regioni settentrionali, svolti anche in modo itinerante attraverso unità mobili». Si è insomma fermi al concetto di «riduzione del danno». A cui si aggiungono il pill testing o il kit “sniffo sicuro”…

Il concetto di «riduzione del danno» è un’altra dimostrazione del cinismo con cui le società più evolute affrontano il problema. Invece di affrontarlo partendo dal presupposto che tutti gli uomini hanno il diritto di essere aiutati a uscire dalle paludi in cui cadono, si sceglie di mantenerli nella palude agevolando un poco le cose per tutti, perché l’importante è non venire infastiditi. È “riduzione dell’impegno”, non del danno, che invece permane grave e forse così finisce per acuirsi. Questo, peraltro, è un atteggiamento drammatico sempre più in voga.

La Regione Trentino le ha chiesto di mettere a disposizione la sua esperienza sul campo, quella di educatore. Quale piano è stato messo in atto? Sarà esportabile in altre Regioni italiane?

Il lavoro che stiamo facendo è piuttosto importante e mira a sensibilizzare gli adulti affinché si assumano sempre e tempestivamente le proprie responsabilità. Ci si rivolge a tutti i vari segmenti del mondo adulto, a cominciare dalla scuola, cercando di fare sottoscrivere impegni chiari, fatti di azioni concrete e, allo stesso tempo, si cerca di non lasciare soli gli adulti che necessitano di supporto attraverso un network di sostegno.

Si è dunque costituita una rete ad hoc chiamata Libera la scuola: una piattaforma che mette in contatto varie scuole, fornendo loro una “cassetta degli attrezzi” pronta all’uso in cambio dell’impegno a dare vita a nuclei interni competenti e stabili. Perché spesso certe scuole, su questi temi, delegano tutto a qualche non meglio identificato esperto esterno e tutto finisce lì. Quasi una formalità. Noi invece pretendiamo che, a partire dal Trentino, le scuole diventino protagoniste; dopo di che possono chiamare tutti gli esperti che vogliono, ma all’interno la competenza dev’esserci. Nelle scuole superiori si sono costituiti “tavoli” animati da docenti, studenti e genitori che, una volta formati, diventano il motore interno capace di promuove azioni e iniziative regolari.

Poi verranno le associazioni sportive, le categorie che hanno a che fare con i giovani a vario titolo e anche i Comuni. È il progetto «Eduland»: vuole fare del Trentino un grande territorio educante che sa affrontare il dramma con metodo, serietà, procedure e impegni concreti da svolgere assieme. Tra l’altro si cerca di valorizzare quanto già esiste, ma soprattutto si prova a trasmettere l’idea che il modo in cui crescono i giovani è un bene comune, una responsabilità di tutti. Si parla molto, oggi, di ambiente: nessuno però dice che prima dell’ambiente deve vanire l’uomo. E spesso gli stessi che parlano di ambiente in modo prioritario poi si “crogiolano” con la cannabis, raccontando ai ragazzini che fumare erba non è un problema…

Il “modello Trentino” è esportabile? Certo. Per definirlo nei dettagli occorrerà ancora un annetto. Ma vogliamo fare in modo da standardizzare delle procedure che segnino una strada replicabile per altri territori e altre comunità educanti. È un modello che si può portare in ogni Regione, magari in ogni Provincia.

Tags: Droga
Andrea Bartelloni

Andrea Bartelloni

Andrea Bartelloni, nato nel 1956, vive a Marina di Pisa (Pisa). Medico chirurgo, collabora con testate locali e nazionali. Ha curato e collaborato a pubblicazioni storiche e scientifiche con particolare interesse nei confronti dei rapporti tra scienza e fede. Con Francesco Agnoli è autore di Scienziati in tonaca

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