Last updated on marzo 1st, 2022 at 12:28 pm
Il caso di Dermot Kearney, il medico irlandese che in Gran Bretagna ha salvato la vita a decine di bambini dall’aborto chimico, è clamoroso. Ora è il dottor Kearney a raccontare direttamente ad «iFamNews» la sua vicenda umana, professionale e giudiziaria. Da quasi un anno, infatti, a Kearney e un’altra dottoressa, la ginecologa scozzese Eileen Reilly, la magistratura d’Oltremanica sta impedendo di portare avanti la terapia di inversione dell’aborto. Il 24 febbraio, tuttavia, l’Alta Corte di giustizia di Londra potrebbe ribaltare le sorti a loro favore.
Dottor Kearney, cosa significa per lei essere un medico pro-life in un contesto ostile come quello della Sanità britannica?
Tutti i medici debbono onorare la sacralità della vita umana. È un aspetto essenziale di ciò che significa essere medico. Che però non tutti i medici condividano questa posizione mi rattrista molto. Oggi nella Sanità britannica a nessun operatore sanitario è consentito discutere argomenti pro life sul posto di lavoro, ma è ugualmente importantissimo che i medici a favore del diritto alla vita rendano i colleghi consapevoli di quanto valga la sua dignità attraverso le azioni che compiono e il modo in cui trattano gli altri. È molto importante dare testimonianza della verità e della bellezza, avendo il coraggio di difendere ciò che è giusto tutte le volte che si rende necessario.
Fortunatamente il sistema sanitario britannico ha numerosi risvolti positivi e vi lavorano molte persone meravigliose. Lo standard generale di cura è buono, e la coscienza degli operatori sanitari viene per lo più rispettata e protetta. Di tanto in tanto, tuttavia, diventa necessario prendere posizione quando si preme su alcuni operatori sanitari affinché partecipino a pratiche non etiche. In quei momenti è particolarmente importante proteggere i deboli e i più vulnerabili. Questo richiede coraggio, ma anche saggezza, umiltà e tanta carità. Prego che tutti i medici acquisiscano queste grandi virtù.
In che modo il sistema sanitario la sta ostacolando e in che modo lei intende rispondere?
Contrariamente ad alcune notizie che sono state diffuse, il mio lavoro quotidiano nel sistema sanitario prosegue normalmente. Sono principalmente un cardiologo e un medico generico, e mi è permesso continuare a svolgere quel lavoro come al solito. Mi prestavo però anche per un servizio di volontariato aggiuntivo a livello nazionale per le donne che avevano assunto la prima pillola abortiva, il mifepristone, al fine di indurre l’aborto precoce, ma che poi hanno cambiato idea e hanno voluto essere aiutate a salvare i propri bambini. Questo metodo di annullamento dell’aborto l’ho studiato per diversi anni prima di iniziare a metterlo in pratica. Alcuni medici abortisti e alcuni militanti a favore dell’aborto, che in realtà sanno poco o nulla del trattamento di inversione, si sono lamentati di questo mio servizio con il General Medical Council (GMC), l’ente da cui dipendono i medici del Regno Unito. Sfortunatamente, il GMC ha deciso che quel servizio e le mie prestazione dovessero essere sottoposti a indagine. Nel maggio dell’anno scorso mi è stato quindi ordinato di sospendere quel servizio, in attesa dell’esito dell’istruttoria. Anche un altro medico, la ginecologa scozzese Eileen Reilly, che prestava analogamente lo stesso servizio, è stato bloccato, in attesa dell’esito delle indagini.
Finora ho collaborato pienamente con il GMC e, attraverso il team di avvocati che mi segue nel «Christian Legal Centre», ho fornito molte testimonianze a mio sostegno da parte di donne che hanno cercato aiuto per l’annullamento dell’aborto. Finora, in tutto il Regno Unito, sono nati 32 bambini da madri che avevano assunto il mifepristone, ma che si sono pentite di quella decisione e che si sono poi sottoposte alla terapia del progesterone onde continuare le gravidanze. Il tasso di successo complessivo è stato del 55%. Il nostro prossimo passo è sfidare il GMC davanti all’Alta Corte di giustizia, poiché riteniamo che le restrizioni (o le condizioni) imposte alla mia pratica medica siano inutili e ingiuste. Le restrizioni sono state imposte nove mesi fa e a tutt’oggi sappiamo di 160 donne che, nel Regno Unito, hanno contattato la linea di assistenza per l’annullamento della pillola abortiva per essere però informate del fatto che il metodo non è più disponibile. Il 24 febbraio è prevista l’’udienza nell’Alta Corte. Vogliamo solo che si dica la verità.
Cos’è che la motiva a continuare con il suo lavoro e a resistere alle pressioni?
Credo davvero che stessimo offrendo un servizio vitale che nessun altro era disposto o in grado di fornire. Tutte le donne che sono venute da noi in cerca di aiuto erano già state allontanate dai fornitori di aborti, dai loro stessi medici di famiglia o da altri servizi di emergenza. A tutte era stato detto che non si poteva fare nulla per salvare i loro bambini. Quasi tutte quelle mamme sono venute a conoscenza del servizio che fornivamo attraverso ricerche su Internet e lì trovando i recapiti dell’assistenza per l’Annullamento della pillola abortiva (APR) gestita dalla «Heartbeat International», che ha sede negli Stati Uniti d’America.
La mia motivazione nasce principalmente dalla consapevolezza che queste donne coraggiose hanno un disperato bisogno di aiuto. Il servizio di APR che abbiamo fornito ha portato grande gioia a tantissime persone. Anche a me ha procurato grandi gioie ma pure grandi dolori, ogniqualvolta il trattamento non ha sortito effetto e il bambino è morto. In quei momenti, abbiamo potuto consolare la madre che aveva tentato di tutto per salvare il suo bambino.
Da quando sono state imposte le restrizioni, io e la mia collega abbiamo ricevuto sostegno enorme e preghiere da tutto il mondo. Ci siamo incontrati e abbiamo lavorato con molte persone fantastiche. Nel mio caso ho ricevuto sostegno straordinario da «Christian Concern» e dal «Christian Legal Centre». Queste organizzazioni sono un vero faro di luce e per me un’autentica forza. Stiamo del resto sereni perché sappiamo che ciò che facciamo è giusto.
Può raccontare qualche episodio sui bambini salvati e le loro mamme che l’ha particolarmente colpita ?
Ho il dovere di rispettare la riservatezza di tutte le donne e delle loro famiglie che hanno chiesto il nostro aiuto. Alcuni di loro, tuttavia, mi hanno chiesto di raccontarne le storie, nella speranza che questo possa aiutare gli altri. È sempre una grande gioia e un grande sollievo quando una madre riesce a superare tutte le fasi della gravidanza con il proprio bambino ancora vivo e vegeto, e senza complicazioni.
Uno degli episodi più toccanti riguarda una giovane donna e il suo compagno, che desideravano disperatamente salvare il proprio bambino dopo avere cambiato idea sull’aborto. Era un sabato sera, sul tardi. Dopo che le fu prescritto il progesterone, la donna dovette percorrere quasi 50 chilometri per ritirare le medicine nell’unica farmacia ancora aperta in quella regione, a quell’ora. Mancavano meno di 25 minuti alla chiusura. Se non fosse arrivata in tempo, avrebbe dovuto aspettare altre 12 ore prima di poter iniziare il trattamento. E quel ritardo di 12 ore avrebbe potuto fare la differenza tra la vita e la morte del suo bimbo: lei e il suo compagno lo sapevano. Durante il tragitto verso la farmacia, chiamò il farmacista di turno e gli raccontò la propria storia. Lo supplicò di tenere aperta la farmacia per altri 10-15 minuti. Il farmacista tenne aperto e la mamma arrivò giusto in tempo per prendere le medicine e iniziare immediatamente il trattamento. La bimba è sopravvissuta ed esattamente otto mesi dopo è nata la loro bellissima figlia. Per me quel farmacista è un vero eroe.
Potrei raccontare molte altre storie più uniche che rare. Provo grande amore e grande ammirazione per tutte le madri che hanno cercato aiuto e anche per le loro famiglie. Vorrei poterne aiutarne molte di più. Spero sinceramente che ci sarà permesso di riprendere questo servizio una volta che le indagini saranno state completate.
Commenti su questo articolo