Last updated on marzo 17th, 2022 at 11:13 am
La Corte Costituzionale aveva appena sentenziato il proprio «no» all’ammissibilità del referendum che mirava a legalizzare la coltivazione della cannabis, da parte di chiunque, sul suolo italiano, che il Partito Democratico (PD) per voce del capogruppo nel Consiglio comunale di Milano chiedeva alla Giunta meneghina e al sindaco Giuseppe Sala di appoggiare in sede parlamentare la necessità che, invece, tale legalizzazione fosse decretata di principio. L’ordine del giorno, firmato da Filippo Barberis (PD), è stato discusso l’altro ieri e, senza troppa sorpresa, è stato approvato.
Il Consiglio comunale milanese, pertanto, chiede alla Giunta e al sindaco «di attivarsi per sostenere l’approvazione di un disegno di legge sulla legalizzazione della produzione e del consumo di cannabis e dei suoi derivati».
Non tutti sono d’accordo, naturalmente. «iFamNews» ne parla con Matteo Forte, consigliere comunale dell’opposizione, docente di storia e filosofia, che l’altro ieri ha votato contro la proposta di legalizzazione.
Dottor Forte, vuole raccontarci cosa è successo?
Semplicemente, come fosse una risposta alla bocciatura del referendum sulla liberalizzazione della coltivazione della cannabis da parte della Consulta, il PD ha presentato una mozione favorevole a tale liberalizzazione che poi, dati i tempi della politica e dell’amministrazione, è stata votata ieri. Ed è stata approvata dal Consiglio comunale.
Quali sono le ragioni in base alle quali il PD ha proposto la mozione?
I motivi sono essenzialmente due. Il primo è che secondo loro la liberalizzazione contrasterebbe il traffico a opera della criminalità organizzata, contribuendo pertanto a combatterla. Il secondo consisterebbe nell’abbattimento dei costi, per lo Stato, legati all’applicazione dell’attuale politica repressiva.
Lei cosa pensa in proposito?
È un falso, semplicemente. Per quanto riguarda il primo punto, due giorni fa in Consiglio ho citato fra l’altro un’intervista al quotidiano La Stampa rilasciata addirittura nel 2016 da un magistrato che di droga si occupava quotidianamente, procuratore di Catanzaro, 30 anni in prima fila nella lotta alla ‘ndrangheta, Nicola Gratteri. Nell’intervista, Gratteri affermava che su 100 “tossici”, su 100 persone cioè dedite al consumo di stupefacenti, solo il 5% fosse consumatore di droghe cosiddette «leggere». Di questi, il 75% aveva meno di 18 anni. Bene, cioè male. È quindi ai minorenni che dovremmo pensare, legalizzandole?
Vi è poi un altro aspetto della questione. Il mercato nero, pure in un contesto ipotetico di legalizzazione della coltivazione della cannabis e di altre droghe, considerate a torto «leggere», sarebbe comunque più conveniente dal punto di vista economico per l’acquirente. In poche parole, la droga prodotta dalla criminalità, che non paga bollette né stipendi né tasse né assicurazioni, costerebbe meno e vincerebbe a mani basse sulla “concorrenza”.
E per quanto riguarda il secondo punto, quello del costo per lo Stato della politica repressiva in vigore?
Di nuovo, l’approccio è falsato, e parlano i numeri. Vi sarebbe invece un’esplosione di spese, per il Paese, legate ai costi sociali e sanitari del diffondersi del consumo di stupefacenti. Cito ora i dati forniti dal CNR, e sono dati pre-CoViD-19, che ci dicono che il 26% dei giovani e giovanissimi, la fascia d’età 12-19 anni, fa uso di stupefacenti. E chiedo di nuovo: è al “mercato” degli adolescenti che pensiamo di rivolgerci?
Aggiungo ancora altri dati, quelli forniti dall’ISTAT, che ci raccontano come i ricoveri ospedalieri correlati al consumo di droga sono in aumento del 44%. Di questa percentuale, il 49% si riferisce ai giovani fra i 15 e i 24 anni. Questi ricoveri hanno un costo salato, salatissimo. Sanitario, ma in primis sociale ed educativo. Sono anche un insegnante e penso che tutto ciò sia la spia di un disagio giovanile forte: vogliamo risolverlo piazzando una «canna» in mano ai nostri ragazzi?
Ora che il Consiglio comunale milanese ha approvato la mozione, dottor Forte, che cosa succede?
Nulla, in realtà, non succede nulla. Si tratta di un voto squisitamente politico, che non ha ricadute amministrative, che del resto non potrebbero esserci. È però, proprio in quanto voto politico, molto grave, perché è un parere che orienta. Testimonia che il Comune di Milano in quanto istituzione è favorevole alla legalizzazione. Favorevole cioè a un messaggio devastante dal punto di vista culturale e umano. È come se si fosse affissa una bandierina. Una bandierina ideologica, che strumentalizza i giovani.