Quando abortisce, una donna sa che quello che è stato eliminato era suo figlio. E questa consapevolezza può lasciare segni nella sua esistenza e nella sua salute. È quanto emerge dal dossier intitolato Aborto: dalla parte delle donne» che Lorenza Perfori pubblica per Pro Vita & Famiglia e che viene presentato domani, 27 aprile, in Senato. Il testo è una poderosa summa di 172 pagine dell’ormai vasta letteratura scientifica realizzata in questo campo.
A chi si rivolge
Lo studio della Perfori si prefigge un obiettivo eminentemente sociale. Spiega infatti l’autrice come il dossier, «interamente basato sulle evidenze scientifiche, è stato concepito come una risorsa informativa autorevole rivolta all’ambito medico, psicologico e giuridico». La Perfori si rivolge in particolare «agli operatori sanitari e ai terapeuti, nonché a tutte quelle donne che stanno prendendo in considerazione l’aborto, o stanno affrontando una gravidanza difficile, o stanno patendo gli effetti negativi dell’aborto».
L’aborto farmacologico
Anche l’aborto farmacologico può provocare gravi danni nella donna. Danni psicologici, anzitutto. Del resto, come scrive nell’introduzione il prof. Giuseppe Noia, docente di Medicina nell’età prenatale, «l’aborto farmacologico, nella sua apparente banalizzazione nell’assumere una pillola, cerca di silenziare la verità scientifica di questa relazione biologica, immunologica, ormonale e psicodinamica, che sin dal primo istante del concepimento si crea tra il figlio e la madre».
Ma l’aborto attraverso la pillola può provocare anche forte sofferenza fisica. Rileva la Perfori che «persino i più accesi sostenitori della Ru486 sono costretti ad ammettere, nelle relazioni mediche e scientifiche, che le donne soffrono decisamente di più, e più a lungo, che con la tecnica chirurgica». Viene poi rilevata la questione delle emorragie: L’autrice reputa non casuale che «la FDA [Food and Drug Administration] abbia riportato […] la necessità di ricorrere a trasfusioni di sangue, a causa delle emorragie, per ben 603 donne che avevano abortito con la Ru486».
I danni alle gravidanze future
Altra questione messa in risalto dal dossier è il fatto che l’aborto possa precludere altre gravidanze. L’autrice segnala che «le infezioni pelviche e genitali, comuni a entrambe le procedure abortive, sono associate a infertilità e sterilità, ma anche a dolore pelvico cronico, gravidanza ectopica e parto prematuro». Inoltre, «un danno alla cervice uterina può provocare aborti spontanei e parti prematuri, nonché ciclo irregolare, infertilità, aborti spontanei ricorrenti e placenta previa». Ma, aggiunge ancora, «vi possono essere anche altre gravi conseguenze a lungo termine associate all’aborto indotto, come la malattia autoimmune e il cancro al seno».
Le testimonianze
Tuttavia più dei dati possono le testimonianze dirette delle donne. L’ottavo capitolo dello dossier è infatti opportunamente dedicato alle voci di chi ha abortito e che poi se ne è pentita. È qui che viene riportato uno studio basato su 101 testimonianze di donne canadesi e statunitensi che hanno subito un aborto, «molte delle quali riferiscono la mancanza del consenso informato, di aver ricevuto pressioni o di essere state forzate ad abortire». Tutte, inoltre, «documentano l’impatto devastante dell’aborto in termini di depressione, rottura del rapporto di coppia, uso di alcol e di altre sostanze» E «tutte dichiarano di essersi pentite dell’aborto specificando che, se esistesse la possibilità di tornare indietro, porterebbero a termine la gravidanza».
Un dolore straziante nel cuore
Eloquente quanto riferisce una di loro: «Non vi è niente di positivo nella mia decisione di abortire. La mia vita non è migliore, ma è molto peggiorata. Mi porto dietro il dolore di un bambino perso per sempre. Anche se sento di essere stata perdonata e di aver superato il senso di colpa e di vergogna, il dolore straziante è sempre lì nel cuore. Avrei preferito essere una madre single e avere qui con me il mio bambino da amare e coccolare, al posto del dolore di due braccia vuote».
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