Last updated on Gennaio 28th, 2021 at 01:05 pm
Il 20 gennaio l’arcivescovo cattolico di Chicago, Blase Cupich, ha definito «sconsiderato» il messaggio inviato dalla Conferenza episcopale degli Stati Uniti d’America al presidente Joe Biden nel giorno del suo insediamento. Con tutta evidenza mons. Cupich si riferisce al messaggio diramato da mons. José Horacio Gómez, che è arcivescovo di Los Angeles e presidente della Conferenza dei vescovi cattolici statunitensi. L’arcivescovo di Chicago è infatti dell’idea che non si debba fare così, che di cose così si debba decidere collegialmente, insomma si lamenta di non esser stato interpellato e palesa di essere dell’idea opposta a quella espressa dal presidente dell’organismo ecclesiastico di cui fa parte.
Resta però il fatto che ‒ uso un linguaggio mondano per giungere al sodo ‒ mons. Gómez sia il capo di mons. Cupich e che mons. Cupich tratti da corriva l’intera Conferenza episcopale cattolica statunitense per correità con il presidente di essa, quella stessa Conferenza episcopale cattolica statunitense di cui mons. Cupich fa parte e quello stesso presidente di essa che per ciò stesso di mons. Cupich è appunto il capo. Nel mondo, quando uno apostrofa il proprio capo dandogli dello «sconsiderato» in diretta mondiale la cosa ha un significato ben preciso e ben precise sono le conseguenze. Per questo Catholic News Agency definisce «senza precedenti» il gesto di mons. Cupich.
Chi è «sconsiderato»?
Il punto che qui importa però è la sostanza. Secondo mons. Cupich è «sconsiderato» salutare il nuovo presidente degli Stati Uniti, accompagnarlo con la preghiera, sottolineare le molte cose positive che egli potrà fare alla guida del Paese più importante e più influente del mondo, evidenziare come la Chiesa Cattolica non propenda mai per una parte politica, né negli Stati Uniti né in qualunque altro luogo del mondo, ma resta solo ai fatti, e avere paura di ciò che possa accadere con Biden ai vertici del Paese, visti i precedenti di cui egli è stato capace fino al giorno, 20 gennaio, in cui il capo dei vescovi statunitensi ha lanciato il proprio secondo messaggio al mondo, reiterando quanto già espresso con forza all’inizio di dicembre? È «sconsiderato» che il capo dei vescovi cattolici di un Paese richiami il potere politico del proprio Paese, addirittura il suo vertice, a questioni principiali non eludibili e ne metta in guardia i propri concittadini di cui è pastore? È «sconsiderato» richiamare i «princìpi non negoziabili» che nessun politico può ovviamente calpestare, ma soprattutto chi si richiama pubblicamente al cattolicesimo che quei princìpi difende con un magistero fondato sulla Rivelazione e ininterrotto da duemila anni? Chi è, insomma, «sconsiderato»?
La questione è del resto fondamentale e si pone proprio in questi termini. Nessun uomo politico può calpestare i princìpi non negoziabili, ma specialmente non può farlo chi si richiama ostentatamente a una visione del mondo che combatte frontalmente la «cultura di morte» che quei princìpi intenzionalmente li calpesta. Non può farlo perché il farlo sarebbe contraddizione evidente e genererebbe scandalo. Per questo un presule ha il dovere e il diritto di richiamare un tale uomo politico, per esempio il cattolico Biden, al rispetto dei princìpi che anche, non solo, per il cattolicesimo sono non negoziabili. Mons. Gómez è oggi il capo della Chiesa Cattolica che è negli Stati Uniti: chi se non lui ha prima il dovere e poi il diritto di richiamare alla coerenza pubblica l’uomo più potente del proprio Paese su questioni pubbliche?
Un prete in South Carolina
Perché l’intera vicenda punta molto in alto. Nel luglio 2004 fu reso pubblico un memorandum inviato dall’allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, cardinal Joseph Ratzinger, in cui sta scritto: «Vi può essere legittima diversità di opinioni anche tra i cattolici sul dichiarare guerra e sull’applicare la pena di morte, ma in nessun caso su aborto ed eutanasia». Quindi, «per quanto concerne il grave peccato di aborto o eutanasia, quando la cooperazione formale di una persona a esso diventa manifesta (cooperazione intesa, nel caso di un politico cattolico, come il suo impegno costante e il suo voto per leggi permissive su aborto ed eutanasia), il ministro di culto di quella persona dovrebbe incontrare questa persona, istruirla sull’insegnamento della Chiesa, informarla di non presentarsi a ricevere la santa Comunione finché non avrà posto fine alla situazione oggettiva di peccato e avvertirla che, in caso contrario, l’Eucaristia gli verrebbe negata».
Ora, Biden, e con lui diversi altri esponenti politici cattolici (qui statunitensi, perché di questo ora si sta parlando), per esempio il presidente della Camera dei deputati, Nancy Pelosi, si dichiarano apertamente cattolici e in modo analogamente aperto sostengono l’aborto. I record di voto e di governo del resto dimostrano la coerenza tra filoabortismo proclamato e politiche filoabortiste, quindi la contraddizione fra filoabortismo e morale cattolica, tanto nel caso di Biden quanto nel caso della Pelosi. Per di più il 22 gennaio, anniversario della sentenza con cui, nel 1973, la Corte Suprema federale autorizzò il colpo di mano che ha legalizzato l’aborto negli Stati Uniti, giorno proclamato dal presidente uscente Donald J. Trump Giornata della sacralità della vita umana, Biden si è impegnato pubblicamente, assieme alla propria vice, Kamala Harris, a codificare tale sentenza onde farne un pezzo organico della legislazione quanto più durevole possibile del Paese: una mossa senza precedenti per protervia e tono, che, nel linguaggio di mons. Cupich, va definita «sconsiderata». Dunque quanto prescritto nel 2004 dal cardinal Ratzinger, poi Papa Benedetto XVI, sulla Comunione ai politici cattolici pubblicamente filoabortisti, si applica a Biden e alla Pelosi?
Secondo don Robert Morey, della parrocchia di sant’Antonio a Florence, in South Carolina, sì. Don Morey infatti ha negato la Comunione a Biden accompagnando il gesto, come suggerisce la nota Ratzinger del 2004, con la preghiera per l’interessato (Biden). Forse che don Morey sia «sconsiderato» come mons. Gómez per il semplice fatto di avere fatto ciò che dal 2004 indica di fare la Congregazione per la dottrina della fede della Chiesa Cattolica proprio per le ragioni che spaventano e motivano mons. Gómez, il quale è e resta il capo indiscusso sia di mons. Cupich sia di don Morey?
La fede e la ragione
Ebbene la questione non è affatto confessionale, di “bottega cattolica”. È d’interesse universale, oggettivo: una persona pubblica può dire una cosa principiale in pubblico e in pubblico fare il suo contrario nello scandalo senza che il suo “titolare” glielo faccia notare? Perché il capo dei cattolici statunitensi mons. Gómez è il “capo”, per questioni di fede e di morale, anche del cattolico Biden, benché questi sia presidente del Paese e quindi “capo” anche di mons. Gómez su questioni che non siano di fede e di morale. Si può professare una visione del mondo che difende certe questioni principali e agire pubblicamente al contrario?
Non bisogna essere cattolici, del resto, per venire scandalizzati da un cattolico che si comporti pubblicamente in aperta violazione e sfida di aspetti portanti della dottrina e della morale cattoliche. Accadrebbe lo stesso se un protestante, un buddhista, un musulmano o un indù ostentatamente praticanti violassero pubblicamente la dottrina e la morale che sono l’essenza del loro credo.
Quindi due cose: bisognerà decidere se è «scandaloso» che l’autorità cattolica condanni la politica filoabortista del cattolico Biden e un sacerdote cattolico si comporti come prescritto sempre dall’autorità cattolica, così come bisognerà decidere se l’autorità cattolica deve condonare lo scandalo che getta anche tra i non cattolici un cattolico che contravvenga con sicumera e protervia quanto la fede e la morale cattoliche prescrivono. Più la questione resta sospesa, più il rischio di minare alla base la credibilità della battaglia della Chiesa contro l’aborto è alto. Ciò detto, la difesa della vita umana innocente sin dal concepimento e contro l’aborto è, come ogni altro principio non negoziabile di difesa della vita umana innocente, della famiglia naturale e delle autentiche libertà della persona, laica e non confessionale. Per questo anche le Chiese e i gruppi religiosi propongono quei princìpi universali e oggettivi alla ragione di ogni uomo e non solo a quella dei propri fedeli.
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