Last updated on marzo 11th, 2021 at 01:31 am
Si può essere razzisti a soli tre mesi d’età? Per il ministero dell’Istruzione dell’Arizona sì. Lo ha scoperto il regista e giornalista statunitense Christopher F. Rufo. Secondo un documento dell’ente statale destinato a insegnanti e famiglie, i primi segni di razzismo nel bambino si manifestano al terzo mese dalla nascita, quando i piccoli riconoscono l’aspetto delle persone che li accudiscono. Di qui il suggerimento: parlare loro delle discriminazioni su base razziale fin da subito, prima ancora che possano iniziare a rispondere. Del resto, «lasciare che i bambini traggano le proprie conclusioni in base a ciò che vedono» potrebbe indurli alla discriminazione razziale.
Piccoli razzisti crescono
Come testimoniano alcuni stralci di questo documento pubblicati su Twitter da Rufo, la situazione si aggraverebbe con il passare del tempo. Dopo i due anni la maggioranza dei bambini sceglierebbe i propri compagni di gioco in base alla razza, dopo i quattro inizierebbe a coltivare pregiudizi, già all’età di cinque anni i bambini bianchi sarebbero «fortemente prevenuti» in favore della propria razza. Il sito del ministero dell’Istruzione dell’Arizona rileva che le scuole «non possono aspettarsi che ogni bambino nero, latino-americano, nativo, indigeno ed asiatico» raggiunga il suo pieno potenziale se non viene adeguatamente supportato.
«Mentalità bianca antirazzista»
Ma in quale modo andrebbe dato questo supporto? Secondo quanto riferisce Russia Today, viene consigliata una serie di autori, tra cui Kimberlé Crenshaw, madre della definizione di «intersezionalità», e la co-fondatrice del Black Live Matter, Patrisse Khan Cullors. Tra le visioni consigliate, ci sarebbe anche il programma Netflix dal titolo Dear White People, considerato da molti divisivo. L’obiettivo è far cambiare ai piccoli il paradigma di «cosa significa essere bianchi» e inculcare loro una «identità bianca antirazzista».
Bianchi razzisti
In un altro passaggio del documento sviscerato da Rufo, emerge un avviso importante che suona più o meno così: cari bianchi, non pensiate di essere esonerati dall’accusa di razzismo per il solo fatto di avere amici neri. Il ministero sottolinea, infatti, che i bianchi «possono avere un amico, un partner o un bambino nero ed essere comunque razzisti». Rufo ha quindi invitato il governatore dell’Arizona Doug Ducey, un Repubblicano, a indagare su questo programma «radicale», accusandolo di essere «profondamente ideologico, antiscientifico e moralmente sciocco».
L’ordine esecutivo di Trump
Già mesi fa Rufo aveva sollevato una polemica per via della decisione di alcune agenzie federali di attuare corsi per i dipendenti pubblici finalizzati a respingere «stereotipi» basati sulla razza e sul genere. La vicenda non era passata inosservata: l’allora presidente degli Stati Uniti d’America, Donald J. Trump, aveva firmato un ordine esecutivo che vietava questo tipo di iniziative finanziate con soldi pubblici. Secondo l’ex inquilino della Casa Bianca, simili corsi sono basati sulla convinzione che «qualsiasi individuo dovrebbe provare disagio, senso di colpa, angoscia o altra forma di disagio psicologico a causa della sua razza o sesso».
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