Last updated on Dicembre 29th, 2021 at 10:46 am
I bambini mai nati di Brescia non riposano in pace. La responsabilità per i gravissimi fatti emersi negli ultimi due mesi è ancora avvolta nel mistero più fitto. E ancora una volta, l’efficienza e il rispetto delle regole sono state avanzate come giustificazione per quella che è una brutalità vera e propria contro la memoria dei cari defunti. Lo scandalo, in effetti, è venuto allo scoperto proprio nei giorni a cavallo del 2 novembre nel riquadro A del cimitero del Vantiniano, ribattezzato il «Giardino degli Angeli».
«Quando sono arrivata qui e non ho più trovato la tomba di mio figlio mi sono sentita una pessima persona perché ho creduto che la colpa fosse mia perché non sono venuta al cimitero più spesso» è stato il commento di una mamma, anonima e affranta, una delle prime a rivelare l’increscioso episodio. «Andata al cimitero, ho dovuto rovistare in uno scatolone per cercare gli oggetti che c’erano sulla tomba della mia bimba», ha dichiarato un’altra madre. Ormai quasi un paio di mesi fa, le due donne e decine di altri genitori che avevano seppellito i figlioletti al Vantiniano, avevano dovuto fronteggiare lo choc della sparizione di circa 2500 tombe.
A fine novembre il caso è approdato sui banchi del Consiglio comunale di Brescia, con due interrogazioni presentate da parte dell’opposizione. Secondo il capogruppo di Forza Italia, Paola Vilardi, «nessuno si è degnato di dare una risposta» a seguito di un’esumazione di così ampie proporzioni, avvenuta peraltro in appena «una settimana». Da parte propria, il capogruppo consiliare di Fratelli d’Italia, Gianpaolo Natali, ha dichiarato: «Ci chiediamo come mai non si è comunicato, nel limite del possibile, alle famiglie tale decisione. Non è una questione politica ma umana».
Entra la politica
La querelle è approdata persino in parlamento. Un’interrogazione è stata presentata a Montecitorio dall’on. Simona Bordonali (Lega), che ha lamentato anch’ella la quasi totale mancanza di comunicazioni da parte dell’amministrazione comunale bresciana, limitatasi a un «avviso sul portale». «Era stata annunciata anche l’affissione dell’elenco sulla bacheca del cimitero, ma nessuno l’ha visto», ha rimarcato la deputata leghista.
Da parte della giunta di Centrosinistra non è arrivato nessun mea culpa, ma solo qualche messaggio formale di vicinanza alle famiglie. L’assessore alla Rigenerazione urbana, Valter Muchetti, ha difeso l’operato dei propri uffici, affermando di essersi attenuto ai regolamenti cimiteriali. Nella replica del Comune, che ha preceduto la risposta dell’assessore alle interrogazioni, viene fatto presente che l’esumazione si è svolta lo scorso settembre, mese in cui «si trovavano in quell’area circa 3.000 sepolture e lo spazio rimanente era solo di due file». Si è allora ritenuto opportuno «procedere a liberare ulteriori spazi per future necessità».
Il Regolamento di polizia mortuaria per il seppellimento dei feti (DPR 285/1990) prevede che la direzione sanitaria dell’ospedale dove si è verificata l’interruzione di gravidanza, informi il genitore della possibilità di sepoltura del feto. Quando poi, entro 24 ore, i corpicini vengono trasportati al cimitero, sulle scatole biodegradabili che li contengono vengono apposte le targhette identificative. Fino all’anno scorso, però, i bimbi venivano inumati con il nome scelto dall’ospedale, mentre non venivano raccolti i dati dei genitori per i contatti successivi. Soltanto i genitori dei bambini morti prima della nascita nell’ultimo anno, quindi, risultano rintracciabili ai fini della comunicazione di una eventuale esumazione. In ogni caso, ai sensi del regolamento cimiteriale del Comune di Brescia del 1990, l’esumazione non può avvenire prima di cinque anni dalla sepoltura ed è vincolata ad apposito avviso nell’Albo Pretorio, almeno 90 giorni prima dell’avvio dell’esumazione, che viene preannunciata tramite appositi supporti metallici presso l’area cimiteriale interessata.
Tutti gli oggetti non deteriorati depositati sulle tombe (statuette, peluche, e così via) vengono catalogati e conservati in un deposito chiuso. Anche i resti ossei vengono custoditi dal Comune, per altri 90 giorni, dopodiché, se non reclamati da nessuno, possono essere sversati nell’ossario comune. In quest’occasione, a essere esumati sono stati i resti di bambini sepolti nell’arco di un decennio esatto (giugno 2007-maggio 2016).
Stranezze
Nel corso dell’ultima esumazione, tuttavia, sui ceppi dei defunti da esumare non sono stati applicati gli appositi adesivi gialli (come previsto dall’art. 5), giudicati dall’assessore Muchetti poco efficaci per la comunicazione alle famiglie. «È stata fatta una scelta: c’era bisogno di spazio, il Covid ha accresciuto il numero dei morti. È una scelta che ho firmato e di cui mi assumo la responsabilità», ha spiegato Muchetti, rispondendo alle interrogazioni consiliari. L’assessore ha quindi respinto al mittente tutte le accuse, bollandole come «speculazione politica» fatta dagli «avvoltoi del dolore».
Difficile, però, parlare di pura strumentalizzazione, dal momento in cui i primi a lamentare l’accaduto sono stati i genitori stessi. C’è anche chi, nel terreno dissodato dalle ruspe, ha rinvenuto oggetti appartenuti alle tombe dei bambini, trovando qualche metro più in là, «evidenti resti ossei». Su quelle ossa sono ora in corso analisi per verificare se effettivamente appartengano a bambini mai nati o ad altri defunti. I genitori coinvolti stanno ora valutando un esposto alla Procura.
La vicenda è rimasta in stand-by per almeno tre settimane, fino a domenica scorsa, quando un gruppo di genitori si è recato al Vantiniano con l’intenzione di impiantare un albero di Natale per commemorare i bimbi. Operazione, questa, impedita da un tempestivo intervento degli agenti della Digos e della Polizia di Stato, che ha minacciato una denuncia ai presenti se avessero insistito con la piantumazione. Secondo quanto riferito da alcuni genitori al Giornale di Brescia, il gruppo si era dato appuntamento alle 10 del mattino. Tuttavia qualcuno di loro, giunto al cimitero con mezz’ora d’anticipo, ha trovato la polizia a transennare l’area dove in precedenza si trovavano le tombe. Si presume, dunque, che qualcuno abbia preventivamente avvertito la polizia del loro arrivo. «I nostri bambini sono morti una seconda volta», hanno detto alcuni genitori dopo questo episodio.
Perché tanti difetti di comunicazione tra Comune e utenti del cimitero bresciano? È possibile giustificare, in nome dei regolamenti amministrativi e dell’emergenza pandemica, un atto che, per molti genitori, è stato come una spada trafitta per la seconda volta nel loro cuore? Per quale reale motivo l’assessore Muchetti ha preferito non venissero apposti sulle tombe gli adesivi gialli identificativi? Le ragioni dell’amore familiare contro le ragioni della legge? Possibile? Certo è che non vi possano essere compromessi per una vicenda di cui si sentirà parlare ancora a lungo.
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