Last updated on Dicembre 15th, 2020 at 09:38 am
La bestia nera dell’Europa ha due volti: quello della Polonia e quello dell’Ungheria, Paesi, questi, che ancora non hanno imparato la lezioncina che gli eurocrati si sforzano costantemente di cacciare in gola a tutti gli europei. Non ci stanno, infatti, Polonia e Ungheria a sdraiarsi come zerbini per farsi calpestare da chi, a Bruxelles, usando meccanismi di democrazia perversa, censura e inibisce ogni e qualunque dissenso.
La democrazia e l’Europa unita non dovrebbero essere così. Se la democrazia non è un regime, bensì una condizione dell’esercizio buono del potere politico, il suo volto autentico dev’essere allora la trasparenza così come il suo sale dev’essere il confronto leale.
Invece Bruxelles non sopporta il dissenso. Anzi, la sola esistenza di qualcuno che la pensi diversamente da sé è per Bruxelles una eresia rotonda, che va stigmatizzata e che va punita. Una realtà, questa, tipica dei totalitarismi: dalla Rivoluzione Francese in poi, il totalitarismo sia hard sia soft si contraddistingue immancabilmente per quello che, ne Il mito del mondo nuovo, il filosofo tedesco-americano della politica Eric Voegelin (1901-1985) definisce felicemente il «divieto di fare domande».
Infatti, chi anche solo ipotizzasse di porre una domanda diversa dalla sceneggiatura decisa preventivamente da Bruxelles, macchierebbe quel manto che si vorrebbe immacolato del potere-che-va-obbedito, facendosi magistralmente insopportabile. Quel tale non deve dunque nemmeno esistere. Del resto, se i rivoluzionari sono sempre i liberatori luminosi, e se la politica decisa da chi ha il potere di ostracizzare gli altri è per definizione la migliore possibile, chi si attardasse su altre ipotesi sarebbe solo un oscurantista da rieducare. Da Lenin a Xi Jinping, il socialismo reale, in tuta blu o in doppiopetto, asiatico o europeo che sia, fa così da sempre.
In Europa, oggi, le eccezioni che disturbano sono la Polonia e l’Ungheria: perché non hanno governi che i manovratori vorrebbero, perché non si adeguano, perché non si omologano.
Polonia e Ungheria hanno infatti deciso che vale la pena di scontrarsi con il gigante eurocratico per affermare il diritto sovrano di un Paese membro di una lega volontaria qual è l’Unione Europea di rifiutare come imposizioni ingiuste le normative che violano le proprie costituzioni sovrane. Per di più su questioni decisive come la difesa della vita e il diritto di famiglia.
Ne è derivato un braccio di ferro durato giorni. Ora però è la UE a cedere, almeno in parte. Vittoria, dunque, per chi non ha alcuna intenzione di farsi travolgere dai diktat LGBT+, dimostrando che un’altra Europa è possibile. George Soros non ne è affatto contento: noi siamo contenti che Soros non ne sia contento. Visto di cosa Soros è sempre contento significa che Polonia e Ungheria sono sulla buona, ottima strada.
E vogliamo dirlo a voce alta ringraziando i governi di Polonia e di Ungheria per il coraggio che dimostrano.
Adesso manca soltanto la tua firma.
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