Gli USA di Biden: più “kill pill” per tutti

Sdoganare l’uso del mifepristone ammazzabimbi, pure con la spedizione a domicilio

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Last updated on Gennaio 12th, 2022 at 02:52 pm

Il combinato disposto di pandemia e Amministrazione Biden ha aperto l’ennesima finestra di Overton per l’aborto negli Stati Uniti d’America. La Food and Drug Administration (FDA) – l’ente governativo che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, dipendente dal Dipartimento della salute e dei servizi umani – ha infatti annunciato un allentamento delle restrizioni all’uso del mifepristone, oggi impiegato, in combinazione con il misoprostolo, per l’aborto fino alla decima settimana di vita del bimbo nel grembo materno. Una decisione, questa, che fa il paio con il provvedimento di aprile che consente la spedizione a domicilio delle pillole abortive alle persone che ne facciano richiesta. Tranne però in Texas, dove la legge lo vieta. In precedenza, infatti, le “kill pill” potevano essere ritirate solo di persona dalle donne direttamente interessate.

Nell’ultimo anno di Amministrazione Trump, coinciso con il primo anno di pandemia, le lobby filoabortiste hanno però esercitato pressione, ottenendo appunto la liceità della spedizione usando il CoViD-19 come scusa per rendere l’aborto facile e totalmente privato. Trump contestò il provvedimento e ricorse alla Corte Suprema federale, che ribadì le restrizioni. Tre mesi dopo l’inizio del proprio mandato, invece, Joe Biden ha ribaltato la situazione, liberalizzando la distribuzione.

Tra i filoabortisti serpeggia però un certo nervosismo, viste le restrizioni sull’aborto varate in numerosi Stati a guida Repubblicana, Texas in primis, e l’attesissima sentenza della Corte Suprema. Da qui le pressioni nei confronti della FDA per ottenere l’abbattimento delle restrizioni all’aborto chimico, al quale attualmente ricorre circa il 40% delle donne che decidono di interrompere volontariamente la gravidanza.

«In questo momento, con la sentenza Roe vs Wade appesa a un filo, è particolarmente urgente che il governo federale faccia tutto quanto in proprio potere per seguire la scienza ed espandere l’accesso a questo farmaco sicuro ed efficace», ha dichiarato Julia Kaye, avvocato dell’American Civil Liberties Union, con riferimento al mifepristone, dando voce all’intero mondo liberal.

Sul fronte pro-life, invece, la preoccupazione riguarda i rischi sulla salute delle mamme, cagionati da una supervisione minore. «C’è un motivo per cui questi protocolli di sicurezza sono stati messi in atto», ha dichiarato Melanie Israel, analista politica del DeVos Center for Religion and Civil Society della Heritage Foundation di Washington. «L’industria dell’aborto sta realmente cercando di approfittare di questo momento storico per rimuovere le restrizioni più importanti e rendere le pillole abortive più accessibili e diffuse».

Il piano dell’Amministrazione Biden, di concerto con la FDA, è quello di rimuovere il mifepristone dal protocollo di Strategia di valutazione e mitigazione del rischio (REMS), che la stessa FDA utilizza per garantire che gli effetti collaterali dei farmaci non superino mai i benefici.

Questa procedura è stata illustrata in un’audizione al Senato federale da Robert Califf, designato da Biden alla guida della FDA. Califf ha dichiarato che la revisione dei dati REMS sul mifepristone «sarà presto disponibile» e si è detto fiducioso sul fatto che «lo staff della FDA utilizzerà le ultime prove disponibili e i princìpi scientifici fondamentali per assumere la miglior decisione possibile».

Alcune obiezioni sono state mosse dal senatore Repubblicano Roger Marshall, il quale, da ostetrico e ginecologo, ha affrontato le conseguenze negative del farmaco sulla salute delle sue pazienti. «Sono molto turbato dall’atteggiamento disinvolto del sistema sanitario in merito alla prescrizione della Ru486», ha dichiarato Marshall, rivolgendosi poi a Califf: «Si impegna davvero a fare in modo che il farmaco sia gestito da medici e da prescrittori, e che non sia distribuito come caramelle?».

Sorprendentemente la conferma della nomina di Califf da parte del Senato statunitense non è né scontata, né universalmente accettata da tutto il Partito Democratico. Il senatore Bernie Sanders lo ha infatti accusato di essersi arricchito durante il precedente incarico di Commissario regolatore dello stesso ente, avendo ricevuto «fino a otto milioni di dollari in azioni dalle principali aziende farmaceutiche». Secondo l’ex candidato Democratico alla Casa Bianca è quindi difficile credere che Califf possa essere una «voce indipendente e forte» contro lo strapotere dei colossi farmaceutici.

Califf ha replicato, dicendo di avere alle spalle una «storia di integrità» e impegnandosi a dare «la priorità alla creazione di infrastrutture e regole per la condivisione di informazioni mediche». Sebbene, ha ammesso, questo approccio possa penalizzare la privacy, secondo Califf risulterebbe nell’interesse pubblico la condivisione di tali dati medici, in particolare in vista della «prossima pandemia».

Nella veste attuale di responsabile della strategia e della politica medica, Califf ha adottato misure che rischiano di «soffocare la discussione medica non approvata sulle sue piattaforme», afferma Life Site News.

Del resto, con la scusa di combattere le fake news in ambito medico, Califf sembrerebbe voler orientare l’informazione scientifica secondo i propri desiderata.

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