Ogni scusa è buona per promuovere aborto e contraccezione. Per raggiungere lo scopo, del resto, oltre sessanta organizzazioni, compresa Amnesty International ‒ che dovrebbe occuparsi di diritti umani, ma che spesso prende lucciole clamorose per lanterne ‒, stanno approfittando in modo spregiudicato del conflitto in Ucraina.
, le donne che fuggono dal Paese in guerra, alla volta della Polonia, della Slovacchia, dell’Ungheria, della Moldavia e della Romania, avrebbero bisogno di vedere tutelate la propria «salute riproduttiva». È quanto sostengono le Ong e Onlus di ispirazione neomalthusiana, sempre pronte a intercettare la crisi umanitaria di turno per inserirsi con programmi di controllo della popolazione. A riportarlo è il quotidiano britannico The Independent.
Le suddette associazioni esprimono infatti «grave preoccupazione» per la situazione in cui versano le donne profughe che fuggono dall’Ucraina ed esortano i leader mondiali a garantire loro accesso all’aborto e alla contraccezione di emergenza.
Krystyna Kacpura, direttrice esecutiva della Federation for Women and Family Planning, dichiara: «Le donne e le ragazze che arrivano in Polonia dall’Ucraina devono poter accedere urgentemente all’assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva essenziale. Al momento gli ostacoli che devono affrontare in Polonia sono notevoli e loro stesse stanno affrontando situazioni molto angoscianti».
L’“aiuto umanitario” fornito dalle suddette organizzazioni nei Paesi limitrofi all’Ucraina, comprende kit di medicinali e farmaci per il ciclo mestruale, ma, in particolare, contraccettivi e prodotti abortivi.
«È imperativo che i governi europei garantiscano che la loro assistenza umanitaria dia priorità alla salute sessuale e riproduttiva e ai diritti umani di donne e ragazze», dichiara Leah Hoctor, direttore regionale per l’Europa del Center of Reproductive Rights. «Una solida volontà politica e un sostegno finanziario per i servizi di salute sessuale e riproduttiva sono decisivi per fronteggiare i gravi rischi di danni per la salute di donne e ragazze e per garantire la protezione dalla violenza di genere», aggiunge la Hoctor.
Da parte propria, Adriana Mesochoritisová, di Freedom of Choice, Ong femminista con sede in Slovacchia, sottolinea: «Ci sono moltissime lacune nell’assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva disponibile in Slovacchia per le donne e le ragazze che fuggono dall’Ucraina. Abbiamo bisogno di un’azione urgente da parte delle autorità statali per poterle aiutare a ottenere l’assistenza sanitaria di cui hanno bisogno».
+Europa e PD sempre in agguato
Sul piano dell’opportunismo anti-vit, l’Italia non è da meno. In prima fila svettano due esponenti di +Europa, Riccardo Magi e Ilaria Donatio, i quali, sul sito del partito di cui sono esponenti, denunciano che in Polonia «l’aborto è un diritto negato» e che, in quel Paese, le profughe ucraine presumibilmente violentate dai militari russi «non possono liberamente decidere sul proprio corpo».
L’appello di Magi e della Donatio è quello di portare le ucraine in Italia di modo che possano «accedere al Servizio Sanitario Nazionale per interrompere una gravidanza non desiderata e provocata dagli stupri etnici, ormai accertati di questa guerra maledetta inflitta dalla Russia di Putin». I due esponenti di +Europa concludono affermando: «Sono in pericolo le vite delle donne ucraine e i nostri valori europei».
Non è da meno Laura Boldrini (PD), che twitta: «Le donne ucraine fuggite dalla #guerra dopo aver subito abusi sessuali vivono un nuovo incubo, in un Paese che nega loro il diritto di decidere del proprio corpo».
Che le rifugiate ucraine in fuga dalla guerra possano abortire è davvero la prima preoccupazione della Sinistra italiana, che nemmeno si pone il problema se vogliano tenere o meno i loro bambini. Nessuno di loro, così come nessuna delle organizzazioni straniere prima menzionate, ha riportato testimonianze di donne ucraine, che chiedono a gran voce l’aborto.
La vera libertà di scelta è per la vita
Di tutt’altro tenore le dichiarazioni di Marina Casini Bandini, presidente del Movimento per la Vita italiano, che puntualizza: «la prima scelta verso queste donne è di accogliere tutta la loro sofferenza, mettersi al loro fianco, aiutarle in ogni modo a elaborare il male subìto». Potrebbe essere l’occasione per «scoprire insieme a loro che accogliere una nuova vita è il modo per sbaragliare una violenza che sa di morte», aggiunge la Casini
Sul quotidiano Avvenire, della Conferenza Episcopale Iitaliana, il presidente della «Comunità Papa Giovanni XXIII», Giovanni Paolo Ramonda, sottolinea che, proprio in nome della liberà di coscienza, «l’aborto non può essere considerato l’unica soluzione possibile» E «la legge italiana consente «la possibilità di partorire in anonimato aprendo al figlio la via dell’adozione. La logica della violenza non si spezza negando la vita», conclude Ramonda.