Last updated on aprile 27th, 2020 at 03:33 am
Era la vigilia di Natale del 2006, quando, in piazza San Giovanni Bosco, a Roma, si radunò una folla di persone per dare l’ultimo saluto a Piergiorgio Welby (1945-2006). Quattordici anni dopo i giardini di quella stessa piazza stanno per essere intitolati all’attivista radicale, da anni affetto da distrofia muscolare progressiva, morto il 20 dicembre 2006. Mancavano quattro minuti alla mezzanotte. Dopo avergli dato un sedativo, il medico staccò il respiratore che teneva in vita l’uomo. La scelta di intitolare il giardino pubblico al protagonista del primo caso di eutanasia in Italia è stata votata a maggioranza nella commissione Cultura del consiglio del VII Municipio di Roma Capitale e il 28 aprile approderà in consiglio municipale.
Il dibattito politico
Il toponimo che sarà affisso sulla targa recherà la scritta «Giardino Piergiorgio Welby – scrittore e attivista per le libertà civili (1945 – 2006)». Previsto, in occasione dell’inaugurazione dello spazio verde, un evento commemorativo che dovrebbe coinvolgere la società civile per – si legge nel testo della risoluzione – «sollecitare la riflessione sui temi su cui Piergiorgio Welby si è battuto in vita». Saranno coinvolte anche le scuole del territorio, alla ricomposizione di una targa commemorativa di Welby apposta nei giardini nel giugno 2007 e vandalizzata da ignoti nella notte tra il 4 e il 5 gennaio scorso.
La risoluzione, proposta da Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle, ha avuto un solo voto contrario, quello di Flavia Cerquoni, della Lega. Intervistata da “iFamNews”, l’esponente del Carroccio nel Municipio romano afferma che «il nostro voto contrario nasce dalla profonda convinzione che ogni vita è degna di essere vissuta». La Cerquoni dunque incalza: «Crediamo che tutti gli sforzi debbano essere indirizzati non per garantire ai malati l’eutanasia ma per permettere agli stessi la migliore assistenza possibile. La politica è chiamata a sostenere chi soffre e a garantire efficienti forme di assistenza e solidarietà». A chi dovesse accusare il suo voto contrario di aver calpestato la memoria di una persona sofferente, la Cerquoni risponde: «Ho profondo rispetto della sofferenza di Welby e della sua famiglia, questo rispetto mi impone di rifiutarne qualsiasi uso ideologico».
Simbolo dell’eutanasia
Del resto Welby è diventano negli anni il simbolo dei sostenitori dell’eutanasia. Portò la propria causa in tribunale, senza che però venisse accolta. Tuttavia non si arrese e concordò con il medico Mario Riccio di staccare il respiratore. Riccio eseguì, fu processato e assolto dall’accusa di omicidio. Mesi prima Welby aveva anche inviato una lettera all’allora presidente della repubblica, Giorgio Napolitano, per esprimere la propria volontà di morire. «Vorrei», si concludeva la missiva al capo dello Stato, «che anche ai cittadini italiani sia data la stessa opportunità che è concessa ai cittadini svizzeri, belgi, olandesi».
Come documentato da “iFamNews”, in certi Paesi “d’avanguardia” il piano è ormai inclinato, giacché si finisce per sottoporre alla «dolce morte» finanche le persone incapaci di intendere e di volere. Quando si parla di eutanasia, sempre nel rispetto di chi è deceduto, sarebbe opportuno «sollecitare la riflessione» anche su queste degenerazioni.