In Florida il progetto di legge che mette al bando l’indottrinamento gender nelle scuole materne ed elementari procede a grandi passi. L’unico ostacolo è rappresentato dall’amministrazione Biden, che, però, al momento, si limita alle minacce.
Il progetto di legge è stato approvato l’8 marzo dal Senato del Sunshine State e ora manca solo la firma del governatore repubblicano Ron DeSantis. Nel dettaglio, saranno vietate le discussioni sull’orientamento sessuale o l’identità di genere nei confronti dei bambini fino ai dieci anni. Più in generale, sarà vietato trattare temi LGBT+ «quando non sono appropriati all’età o allo sviluppo degli studenti».
La Florida si andrà così ad aggiungere ad altri quattro Stati americani, Louisiana, Mississippi, Oklahoma e Texas, che ugualmente vietano l’educazione sessuale ai più piccoli. Lo Stato guidato da Ron DeSantis, tuttavia, avrà la legislazione più rigorosa, dal momento in cui proibirà anche le consulenze extrascolastiche rivolte ai minori e permetterà ai genitori di denunciare le scuole, nel caso in cui violino la legge educativa.
«Non permetteremo che i dollari delle tasse della Florida vengano spesi insegnando ai bambini a odiare il nostro Paese o a odiarsi a vicenda…», afferma DeSantis. «Dobbiamo proteggere i lavoratori della Florida dall’ambiente di lavoro ostile che si crea quando le grandi aziende costringono i propri dipendenti a sopportare una formazione ispirata alla teoria critica della razza e all’indottrinamento».
Nervosismo alla Casa Bianca
A tuonare contro il progetto di legge della Florida sono il governo federale e, ovviamente, le solite lobby LGBT+, che hanno ribattezzato il provvedimento «Don’t Say Gay», con relative manifestazioni studentesche. Dalla Casa Bianca, sono arrivate le parole stizzite della portavoce Jen Psaki, secondo la quale si tratta di «una legislazione odiosa che prende di mira gli studenti vulnerabili».
Stessa identica reazione da parte del Segretario dell’Istruzione, Miguel Cardona: «I leader in Florida stanno dando la priorità a disegni di legge odiosi che danneggiano alcuni degli studenti più bisognosi». Cardona aggiunge poi che «tutte le scuole che ricevono finanziamenti federali devono seguire la legge federale sui diritti civili, comprese le protezioni del Titolo IX contro la discriminazione basata sull’orientamento sessuale e l’identità di genere».
Disney nell’occhio del ciclone
Un risvolto paradossale della discussione del progetto di legge della Florida è il coinvolgimento della Disney, incredibilmente accusata di non aver condannato apertamente l’iniziativa legislativa repubblicana. Dopo anni di propaganda LGBT+ più o meno esplicita, culminata nel clamoroso episodio di Frozen, la multinazionale del cartoon aveva probabilmente iniziato a suscitare troppe aspettative nella lobby.
La dichiarazione della Disney, che esprimeva vicinanza ai suoi dipendenti LGBT+, era suonata troppo tiepida. Al punto che il CEO della casa produttrice, Bob Chapeck, è dovuto intervenire di persona, invitando a non confondere «la mancanza di una dichiarazione per una mancanza di supporto». Nemmeno questo, però, è bastato.
«È scoraggiante che la Disney, uno dei marchi di maggior successo nel mondo, con enormi risorse e una piattaforma globale, non abbia intrapreso alcuna azione per aiutare a prevenire l’approvazione di questo disegno di legge», dichiara il comitato esecutivo QueerTAG della Animation Guild, ovvero il sindacato dei lavoratori del cinema d’animazione. «Una cosa è dire che sostieni inequivocabilmente i dipendenti LGBTQ+, le loro famiglie e le loro comunità. Un’altra è rimanere in silenzio mentre passa questa legge scurrile sull’omofobia», conclude il comunicato.
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