Fiction tv: il buon senso di un padre asfalta trans 12enne

«And Just Like That», sequel senza smalto di «Sex and the City». Restano solo le unghie per la solita odiosa propaganda LGBT+

Image from ComingSoon.com

And Just Like That, celebre serie televisiva in otto puntate in onda da dicembre, è il sequel di Sex and the City, altra serie celeberrima addirittura, in onda per sei stagioni a partire dal giugno 1998 e ripresa anche in due pellicole cinematografiche.

Le amiche “storiche” Carrie, Charlotte e Miranda, rimaste in tre poiché la quarta, Samantha/Kim Cattrall, ha dato forfait, cinquantenni o giù di lì, vivono le proprie vicende nella New York di oggi, vent’anni dopo le avventure della prima serie. Ma questa seconda chance offerta alle ex ragazze spregiudicate e super fashion pare stia deludendo i numerosissimi fan.

Le protagoniste appaiono un po’ imbolsite, non solo come normale dal punto di vista del fisico: più che altro hanno perso “smalto”, risultano un po’ “insipide”, ecco. Sex and the City, pure con i propri difetti, aveva spunti ironici e frizzanti e appassionava il pubblico, fosse solo per gli abiti pazzeschi di Carrie/Sarah Jessica Parker e per le sue iconiche Manolo Blahnik.

And Just Like That, invece, risulta sottotono e l’autore, Darren Star, pare non avere trovato di meglio che farne il festival dell’inclusione. Tra i nuovi protagonisti spicca per esempio Sara Ramirez, già dottoressa Torres nell’altra serie iconica Grey’s Anatomy, bisessuale, che interpreta Che Diaz, un personaggio queer non binario. Si vede che l’amico omosessuale di Carrie in Sex and the City, Stanford/Will Garson, non basta più. E infatti Miranda/Cinthya Nixon (nella vita reale dichiaratamente lesbica) decide di consolarsi dai dispiaceri di un matrimonio insoddisfacente proprio con Che Diaz/Sara Ramirez.

Ma non è finita qui e nel quinto episodio entra in scena la forma ormai solita e particolarmente odiosa di propaganda LGBT+: Rose, la figlia dodicenne di Charlotte/Kristin Davis, afferma di non sentirsi una ragazza e decide di farsi chiamare «Rock». Di tutta la puntata resta impressa la frase che il padre Harry/ Evan Handler rivolge alle insegnanti della ragazzina, che insistono affinché i genitori accettino con serenità la nuova identità sessuale della figlia, assecondandola. L’uomo, avvocato di successo, ebreo, se ne esce con implacabile buon senso affermando: «Ma mia figlia ha solo dodici anni! Fosse per lei, vivrebbe di gelato». Semplice e geniale.

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