Femmine o maschi, tertium non datur. È la legge delle cose

Il caso surreale di un uomo trans che diventa il testimonial delle femministe. E molto altro

Image from Red Tent Australia website

Last updated on Settembre 25th, 2020 at 01:41 am

Cambiamenti di umore con irritabilità, tendenza alla depressione, aggressività. Maggior stanchezza. Crisi di pianto. Minor capacità di concentrazione. Cefalea. Tensione mammaria. Attacchi di fame. Gonfiore.

Non ci vuole un indovino per capire di che cosa si stia parlando, basterebbe un marito: sindrome premestruale. Quella condizione di disagio psicofisico che numerosissime donne vivono all’approssimarsi delle mestruazioni, dovuta con molta probabilità a spostamenti nel delicatissimo equilibrio ormonale fra estrogeni e progesterone.

Sul sito web della clinica milanese Humanitas è definita con grande chiarezza come «[…] tipica delle donne in età fertile»: si vorrebbe dire che la notazione è ovvia e lapalissiana, ma pare che invece ci si debba ricredere.

La pagina Facebook di Red Tent Australia, infatti, non molti giorni fa ha postato il proprio benvenuto a Emme Kristelle in qualità di «General Member at Large» nel Board dell’associazione. Red Tent è una comunità internazionale di donne che si offrono reciprocamente sorellanza, supporto, collaborazione, in quello che vuole essere un circolo virtuoso tutto al femminile di empowerment, a qualsiasi livello e in qualsiasi ambito, delle donne.

Però Emme Kristelle non è una donna. Emme Kristelle è un transgender. Un uomo, insomma, che si sente donna e che vive come se lo fosse. Del resto il sito web di Red Tent Australia precisa subito che l’associazione è aperta a «anyone who identifies as female from 11 years», cioè a chiunque si “identifichi” come persona di sesso femminile, a partire dagli undici anni d’età.

«Red Tent» significa «tenda rossa». L’interpretazione comune di un certo sostrato femminista (che parrebbe confermata da studi archeologici e antropologici) identifica la tenda rossa come lo spazio sacro riservato, in alcune culture antiche o sciamaniche, ai riti iniziatici femminili. La sua istituzione risalirebbe alla pratica delle donne di uno stesso clan di raccogliersi in un luogo intimo e protetto per scandire e per onorare il ritmo ciclico del proprio corpo, celebrando i riti di passaggio. Le mestruazioni, in breve.

Ispirandosi al concetto di «tenda rossa» sono stati scritti best-seller, quali per esempio quello di Anita Diamant, ed è stata realizzata persino una miniserie TV, ambientata ai tempi dell’Antico Testamento.

Nomen omen, e il nome dell’associazione non è casuale: è un inno alla femminilità pura e ancestrale, alla donna archetipica, al matriarcato e alla trasmissione in linea femminile di saperi e di spiritualità. Gli uomini non ci entrano, nella tenda rossa; è cosa da donne, per le donne.

Ci entra tuttavia Emme Kristelle, e probabilmente altre persone che vivono nella medesima condizione. Persone liberissime, come ovvio, di esprimere e di esercitare la propria sessualità come desiderano, ma che non sono donne.

La «dittatura della pretesa» non piega cioè la realtà, perché la realtà non si piega, nonostante si cerchi di farlo con ogni mezzo, fin dalle parole. Queste persone non hanno e non hanno mai avuto le mestruazioni. Non sanno cosa voglia dire averle, e perciò non sanno cosa significhi essere una donna. Non vivono «quei giorni», come veniva insegnato a dire alle signorine d’altri tempi.

La «dittatura della pretesa» scippa insomma le donne della propria identità, della propria specificità, della propria orgogliosa differenza. Se ne sono accorte persino le femministe radicali di RadFem, che infatti non ci stanno e che rivendicano fieramente tale differenza, forti di decenni di battaglie per conquistare una parità dei sessi reale ed efficace, non un livellamento all’uguale che priva le donne di ciò che sono.

Solo le donne hanno le mestruazioni, e in «quei giorni», no, di solito non indossano pantaloni bianchi, non si arrampicano ballando sui lampioni e non si lanciano con il paracadute, come raccontano certe pubblicità. Perché gli assorbenti li usano solo le donne, con buona pace del social media manager della Lines, che in un post di non molto tempo fa sosteneva invece che gli assorbenti della marca fossero per «chiunque ne abbia bisogno».

Perché se è vero, egregio signore (o signora?, chissà), che vi sono donne che non hanno il ciclo, è assolutamente e irrimediabilmente falso che ci siano uomini che lo hanno pur non sentendosi donne.

Ed è perfettamente inutile che un’altra azienda famosa, la Always, ridisegni l’aspetto delle proprie confezioni rimuovendone i simboli legati alla femminilità, per andare incontro alle esigenze dei consumatori transgender e non binari.

Occorre rassegnarsi: se sei una donna, non sei un uomo.


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