Last updated on aprile 19th, 2020 at 10:23 am
Nel 2018, in Europa, il numero delle morti ha superato quello delle nascite: 5,3 milioni di decessi contro 5 milioni di nuovi nati. I dati del 2019 non esistono sono ancora, ma le previsioni indicano che il trend negativo potrebbe essere confermato. Cosa sta accadendo nel Vecchio Continente?
Accade che non si fanno più figli. O, per essere più precisi, se ne fanno molti meno di prima. Nel 1955 in Europa il numero medio di figli per donna era 2,57. Nel 2015 il numero medio era sceso a 1,59. Dal 2008 in avanti inoltre il calo delle nascite in Europa si è esteso a tutti i Paesi, senza più differenze significative, nemmeno fra età e reddito dei cittadini. Un vero e proprio inverno demografico, che aleggia ormai su tutto il continente.
Nonostante i dati, contenuti nelle statistiche ufficiali e riportati dai principali giornali europei, il tema non riesce ad arrivare sui tavoli di lavoro del Parlamento europeo. Eppure la notizia c’è: basti pensare alla Svezia, da sempre in vetta alle classifiche europee, che è passata da 1,91 figli per donna del 2008 a 1,75 del 2018. O alla Francia, che fino al 2008 sfiorava 2,1 figli per donna e nel 2018 si è fermata a 1,87. L’Italia si ferma ancora prima, a 1,32 figli per donna, ma a peggiorare la situazione c’è il fatto che il nostro Paese si conferma nelle posizioni più basse della classifica europea da molti anni, dunque la situazione è ancora più difficile da invertire.
È stato fissato a 2,1 figli per donna il valore minimo affinché un Paese mantenga la propria popolazione. In realtà in Italia siamo arrivati a 1,2: l’1,32 di cui sopra è infatti il risultato dalla media fra donne italiane e donne immigrate, che, con il proprio 1,9, alzano la cifra. Dal 1861, anno dell’unificazione italiana, è il dato più basso mai registrato.
Davvero complesso analizzare le cause, che sono numerose e diverse. Ci si sposa meno, quando ci si sposa lo si fa più avanti negli anni, si studia di più e si entra nel mondo del lavoro più tardi, occorre più tempo per stabilizzarsi, per avere un contratto sicuro che consenta di fare programmi a lungo termine. Anche la composizione delle famiglie di origine è cambiata molto rispetto agli anni 1950, quando si viveva più vicini, si condivideva la quotidianità, supportandosi in caso di gravidanze, malattie e lutti. Gli studi poi, oltre a coprire una porzione di vita più ampia, portano spesso a viaggiare, cambiando città o addirittura Paese per alcuni anni. Senza contare i tanti giovani italiani che partono in cerca di fortuna terminati gli studi, e poi non rientrano più in patria.
Sulle cause di questo inverno demografico però il dibattito in Europa non è arenato. Non è nemmeno ideologico. È proprio assente. C’è un problema economico? Sì, e non a caso i Paesi che hanno investito di più nei bonus per i nuovi nati hanno retto meglio l’urto della crisi, si veda l’Irlanda (12,5 nascite ogni mille abitanti), la Svezia (11,4 nascite ogni mille abitanti) o la Francia (11,3). L’Italia si ferma a 7,3 nascite ogni mille abitanti: meglio di noi sono anche Spagna (7,9), Grecia (8,1) e Portogallo (8,5). Ma i bonus non bastano, e il primo esempio è la Finlandia, da decenni considerato il miglior Paese dove mettere al mondo un figlio per il welfare a misura di bebè, oggi segnato da un apparentemente irrefrenabile calo demografico. E gli ultimi dati di Svezia e Francia sembrano far presagire un triste effetto plagio. Persino in Scandinavia, nonostante orari di lavoro più flessibili e numerosi bonus per le neomamme, si nasce meno. Nel silenzio europeo sul tema, irrompe ora la Russia: il presidente Vladimir Putin, nel suo discorso all’Assemblea Federale del 15 gennaio scorso, ha lanciato l’allarme: «Dobbiamo aiutare i giovani, coloro che vogliono una vita familiare e sognano i bambini. Il destino della Russia e le sue prospettive storiche dipendono da quanti di noi ci saranno». Oggi in Russia la media di figli per donna è 1,48 e Putin lo vuole portare a 1,7 entro la fine del proprio mandato, nel 2024. Promette di estendere il capitale di maternità, ovvero un assegno di 466mila rubli, circa 7.600 dollari, alla nascita del primo figlio, con ulteriori aumenti in caso di famiglie numerose. Anche se i risultati di una campagna puramente economica non sembrano affatto certi, il discorso del presidente russo ha acceso i riflettori sul problema. In Europa, per ora, tutto tace.