Ecco dove i cristiani rischiano di sparire

«Open Doors» rileva il fenomeno della «Chiesa profuga»: situazione tragica in Africa

Image from Pixabay

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Una «Chiesa profuga». È questo il nome che la ONG «Open Doors» ha assegnato al fenomeno dei cristiani in fuga dalle persecuzioni. Lo denuncia nella World Watch List 2022 presentata ieri in Italia, alla Camera dei Deputati. L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) rileva che sono circa 84 milioni le persone che nel 2021 sono state forzatamente sfollate, 26 milioni delle quali fuori dai confini del proprio Paese. Ebbene, tra questi sfollati, molti sono cristiani in fuga dalle persecuzioni.

Fuga dalla violenza islamista

«Centinaia di migliaia», sottolinea «Open Doors», «sono colpiti dalla violenza islamista (nella regione del Sahel) o fuggono dall’arruolamento forzato (Eritrea), dal conflitto civile (Sudan), dalla repressione statale (Iran) e/o dall’oppressione familiare dovuta alla loro fede. La gran parte rimane nella propria regione, sfollata nel Paese o come rifugiata in nazioni vicine». Secondo la ricerca di Open Doors, in diverse parti dell’Africa sub-sahariana «la popolazione cristiana è di fatto quasi sparita». L’organizzazione cita, per esempio, il nord-est del Kenya ed elenca centinaia di chiese chiuse in Burkina Faso, Mali, Niger, «cui si sono aggiunte quest’anno 470 nella sola Nigeria».

Chi rimane in patria

Molti sfollati e rifugiati cristiani continuano a vivere in Iraq, Siria, Libano e Giordania. «Se sono una minoranza nei loro Paesi d’origine», si legge nel rapporto di Open Doors, «riferiscono di ulteriori vulnerabilità quando si trovano nei campi per sfollati e profughi: possono subire discriminazioni (specie se ex musulmani convertiti alla fede cristiana) da parte dei funzionari e persino vedersi negare l’assistenza umanitaria e altre forme di assistenza pratica».

Violenze sessuali

Le donne cristiane riferiscono che la loro principale fonte di persecuzione è la violenza sessuale. A riguardo i ricercatori di Open Doors hanno ricevuto «rapporti di donne e bambini sottoposti a stupro, schiavitù sessuale, molestie e altro ancora, sia nei campi e soprattutto mentre viaggiavano in cerca di sicurezza. La povertà e l’insicurezza aggravano la loro vulnerabilità, costringendoli alla prostituzione per sopravvivere. Per queste e altre ragioni, molti rifugiati cristiani preferiscono evitare del tutto i campi, il che significa non arrivare a registrarsi, mancando l’idoneità a ricevere aiuti alimentari, sostegno per i traumi, istruzione scolastica per i figli».

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