È “suo diritto”. L’eutanasia

Fabio Ridolfi ha scelto la morte a norma di legge. Il Senato sta discutendo un’altra legge per scegliere la morte. La legge fa il diritto e altro non c’è. A molti, troppi basta e avanza. Che schifo

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Com’è suo diritto. Fabio Ridolfi, il 46enne marchigiano tetraplegico da 18 anni, è morto ieri, 13 giugno. È morto perché ha interrotto le terapie. Ha interrotto le terapie com’è suo diritto. È suo diritto perché lo stabilisce la legge 219 del 2017 sul Consenso informato e le Disposizioni anticipate di trattamento. La legge 219 del 2017 stabilisce che è diritto di una persona sospendere le terapie cui è sottoposto. La legge 219 del 2017 scrive che costituisce terapia anche l’alimentazione assistita. Come quando si dà da bere a uno nel deserto che non si regge più in piedi per il caldo, come quando si imbocca un bimbo che ancora non sa tenere le posate in mano, come quando si aiuta un piccoletto a raggiungere lo scaffale della marmellata che sta lassù nella dispensa, come quando si aiuta la nonna perché le trema un poco la mano del cucchiaio, come quando mia moglie mi cucina il vitello tonnato giacché io farei solo disastri ai fornelli. Diritto. Com’è suo diritto. Fine.

Fine della vita, fine del commento, fine dell’intelligenza. È “suo diritto”, che cosa diamine scocciate a fare? È diritto di Ridolfi suicidarsi, è diritto di Ridolfi togliersi la vita, è diritto di Ridolfi invocare una legge che consente di darsi la morte, è diritto di Ridolfi beneficiare di una legge che può lasciare crepare di fame un piccoletto senza aiutarlo a prendere la marmellata che sta lassù dove lui non arriva, sospendendone l’alimentazione assistita.

È “suo diritto”: di Ridolfi, di altri prima di lui, di altri dopo di lui, di Antonio La Forgia, ex presidente della Regione Emilia-Romagna, malato di tumore, morto sabato 11 giugno tre giorni dopo la sospensione delle cure. È “suo diritto” grazie alla legge 219, sempre quella, sempre quella del deserto, della marmellata dei piccoletti, del tremore della nonna e del mio vitello tonnato.

La legge 219. Una legge di morte, che stabilisce che è “suo diritto”. Una legge che dà la morte per legge, che legge la morte e la applica, che uccide le persone.

Non è invece “suo diritto”, di Ridolfi, di altri prima di lui, di altri dopo di lui, di Antonio La Forgia, accedere alla «morte medicalmente assistita», perché la legge 219 non lo prevede. Perché non c’è in Italia una legge che lo preveda. Arriverà allora una legge che lo consentirà. Allora sarà “suo diritto” anche la «morte medicalmente assistita», eufemismo pusillanime, vigliaccio, viscido per assassinio. Cosa altro è, infatti, l’omicidio di una persona viva?

Nel parlamento italiano si sta procedendo a colmare questo vuoto legislativo: si sta lavorando, a spese dei contribuenti, per fare sì che sia “suo diritto” farsi ammazzare anche così. Perché la morte è un “suo diritto” insindacabile, e che bella che bella una civiltà che si regge sul diritto di ammazzarsi, di farsi ammazzare, di disidratare a morte un disgraziato nel deserto, di affamare un piccoletto, di lasciare crepare di inedia una nonna, di sopprimere nel dolore i dolori di un sofferente senza dargli altro, attenzione, cura, affetto, compagnia, speranza, sguardo, orizzonte, altro, oltre.

Ci vuole la legge, ci vuole il quadro normativo, bisogna regolamentare, bisognare decidere il dosaggio, quante gocce, a che distanza, in piena sicurezza, tutelandosi, garantendo. Una società del preservativo, la nostra, che ti protegge da tutto affinché tu possa arrivare lindo e bello a morte sicura, perché è “suo diritto”, perché la soluzione è la morte, perché la morte è il nulla, perché il nulla spazza via tutto. Una legge che includa e questo e quello, che discuta in assemblea e che discetti dagli scranni, che ponga limiti scritti e che descriva contorni, che metta nero su bianco i protocolli attuativi, che sia rigorosa del rigore della morte, che non lasci margini di incertezza e di discrezionalità, e checcaspita, vorrai mica che poi qualcuno abusi della legge e faccia cose cattive invece che soltanto uccidere un’altra persona, vero?

Il parlamento italiano, il Senato per la precisione, ci sta pensando, fatti da parte ragazzo e lasciami lavorare. Gira e rigira attorno, il Senato. Va avanti e va indietro, scarta di lato e guarda giù, poi guarda su e dai un bacio a chi vuoi tu. Un bacio di addio, cercando il consenso ampio, il campo largo, vicolo stretto e Parco della Vittoria, più le quattro stazioni. Servono regole certe e sagge, perché il rischio è l’abuso. Vorrai mica che poi qualcuno abusi della legge e faccia cose cattive invece che soltanto uccidere un’altra persona, vero?

Che schifo totale. Una società in cui la legge fa il diritto. Una società dove la legge è lo strumento di chi detiene il potere per imporre la propria volontà, e dove il potere è l’unico detentore dell’autorità normativa e il solo che abbia la facoltà di imporla, per ciò stesso, alla società intera. Una società dove ciò che la legge dice diviene vangelo, diventa “suo diritto”, diventa giusto, buono e pure bello. Un mondo dove la legge non ammette eccezione, non ammette ignoranza, non ammette altro al di sopra di sé, non riconosce altro che sé e che basta a sé.

E questo basta anche a molti, a troppi, pure insospettabili, che dicono solo è “suo diritto”: magari non ne sono entusiasti, ma questo non lo dicono, perché non si porta bene per le vie del centro, in tivù e in canonica. Perché è “suo diritto”, lo dice la legge. In attesa delle larghe intese, delle convergenze, dei parallelismi, delle regole certe, delle norme sagge, dei protocolli attuativi. Una bella legge che normi la morte procurata e alla via così. C’è chi pensa che non sia bello ammazzare gli altri, ma che pure è “suo diritto”, che c’è la legge, che ce ne sarà un’altra, e tant’è. Per quieto vivere. Anzi, quieto morire.

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