Last updated on Maggio 26th, 2020 at 04:02 am
La famiglia è il grande assente nel Dl Rilancio. D’altronde c’era da aspettarselo. Eravamo almeno stati avvertiti. A stroncare ogni speranza era stato proprio il ministro per la Famiglia, Elena Bonetti, che a stretto giro di posta aveva rilasciato nei giorni scorsi due interviste ‒ una a TgCom24, l’altra a The New York Times ‒ in cui lamentava che le sue proposte per sostenere le famiglie fossero «rimaste inascoltate» e le risorse «insufficienti». Con questa eloquente premessa, nessuno si aspettava che mercoledì sera (13 maggio), in diretta tv, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciasse una «potenza di fuoco» oppure una «manovra poderosa» a sostegno del nucleo fondante della società.
Quel poco per le famiglie
L’avvertimento, tuttavia, non rende meno amara la constatazione. Dopo che il parlamento ha autorizzato un ulteriore ricorso all’indebitamento di 55milardi, il governo ha finalmente deciso come allocare quella cifra: 25,6miliardi per i lavoratori, 14-16 alle imprese, 4 di defiscalizzazione per le imprese con alti fatturati, 3 per la sanità. La voce «famiglie» resta scoperta. Per trovare qualche misura del Dl Rilancio che interessi genitori e figli bisogna cercare tra i 25,6miliardi stanziati per i lavoratori.
È qui che si trova la proroga di 30 giorni dei congedi parentali per i genitori dipendenti del privato con figli di età non superiore ai 12 anni: per loro è prevista un’indennità del 50% della retribuzione. L’altro cavallo di battaglia governativo, il voucher baby sitter, viene aumentato da 600 a 1200 euro (da 1000 a 2000 per chi lavora negli ambiti della sicurezza e della sanità) e può essere utilizzato per iscrivere i bambini ai centri estivi (nell’attesa di capire quando e come riapriranno). Previsto inoltre un reddito di emergenza, che va dai 400 agli 800 euro mensili per maggio e giugno che varia in base al numero di componenti del nucleo, destinato a chi ha un Isee inferiore ai 15mila euro: dunque più che una misura a sostegno della famiglia, trattasi di una misura a sostegno della povertà. Tutto qui.
De Palo: «Snobbati dal governo»
Un po’ poco. E a dirlo sono gli stessi rappresentanti dell’associazionismo familiare. Come Gigi De Palo, presidente del Forum delle associazioni familiari, il quale, già pochi minuti dopo la fine della conferenza stampa di Conte, lanciava sui social un video nel quale si faceva portavoce della delusione di innumerevoli famiglie italiane: «Degli 80 miliardi tra il Decreto Cura Italia e Dl Rilancio, cioè 80 miliardi a deficit, ovvero sulla testa dei nostri figli, nessuna risorsa andrà direttamente alle famiglie». Nessuna richiesta espressa dal Forum a Palazzo Chigi è stata presa in considerazione: dalla gradualità dei coefficienti in base al numero di figli al contributo maggiore per i congedi parentali passando per gli aiuti alle scuole paritarie. «Le 800mila famiglie che hanno deciso di mandare i figli in una scuola paritaria hanno gli stessi diritti di chi ha deciso di mandarli in una scuola statale, perché si tratta di servizio pubblico», afferma De Palo.
Gandolfini: «Governo antidemocratico e anticristiano»
Ancora più duro Massimo Gandolfini, presidente del Family Day. «Il governo più antiliberale, antidemocratico, antireligioso e anticristiano della storia della Repubblica non si smentisce: pervicacemente ignorate le famiglie e le scuole paritarie», irrompe il neurochirurgo bresciano, secondo il quale «è vergognoso l’atteggiamento di disinteresse per la povertà delle famiglie che trasuda dal Decreto “Rilancio”. Si finanzia l’acquisto di monopattini e di biciclette e si rifiutano misure di vero sostegno alla povertà come bonus per i figli a carico, congedo parentale speciale ed altro». Anche Gandolfini lancia poi l’allarme sulle scuole paritarie, che, dice, «saranno costrette a chiudere» causando enormi danni all’istruzione e di disoccupazione. Sia il Family Day sia il Forum auspicano ora una risposta da parte del Parlamento. Intanto Gandolfini avverte: «La misura è colma e appena sarà fisicamente possibile milioni di “nuovi poveri dimenticati” sono pronti a far sentire in piazza la loro voce».