Davos dice mai sprecare una buona crisi

Ingegneria sociale alle soglie del nuovo mondo «after Coronavirus»

occhiolino

Last updated on marzo 15th, 2021 at 09:52 am

L’agenda del «grande reset» si arricchisce di nuovi contenuti grazie alle relazioni presentate dal 25 al 29 gennaio al World Economic Forum (WEF) di Davos. Ciò che colpisce sempre è la grande sintonia di vedute e di intenti. Il giro mentale, in poche parole, dice che se si vuole che il mondo sopravviva, occorre costruire un “nuovo patto sociale”. La crisi sanitaria, economica e sociale, infatti, più l’incombere della crisi ecologica, richiedono linee guida condivise secondo una prospettiva multilaterale di collaborazione fra gli Stati e con i grandi gruppi. Un «build back better» planetario, insomma, per dirla con l’espressione con cui il presidente degli Stati Uniti d’America, Joe Biden, vuole caratterizzare il proprio governo. Le economie debbono essere cioè guidate affinché divengano più green, sostenibili e inclusive mediante politiche fiscali ad hoc che indirizzino il mondo nella direzione voluta usando un mix di bastone e carota.

Un ruolo fondamentale è riservato anche alla “creazione del consenso” a mezzo di uno story-telling appropriato, perché anche i piani più dirigistici necessitano comunque di un ampio consenso popolare, che deve quindi essere costruito e mantenuto, onde indirizzare consumi e investimenti nella direzione voluta e far accettare restrizioni alla libertà e alla proprietà in cambio di sicurezza e salute. In tale prospettiva non ci si può illudere di tornare all’“era prepandemica”, «before Coronavirus» come la definisce il fondatore del WEF, Klaus Schwab: siamo entrati in uno stato d’emergenza, destinato a protrarsi nel tempo. Ricorda quello che il celebre filosofo e giurista tedesco Carl Schmitt (1888-1985) definiva Ausnahmezustand, ovvero «stato d’eccezione», una situazione emergenziale in cui il diritto è sospeso.

I “portatori di interesse”

Alcune dichiarazioni inquadrano del resto bene il problema.

António Guterres, Segretario Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, afferma che: «L’umanità sta muovendo guerra alla natura. È un suicidio. La natura reagisce sempre, e lo sta già facendo con forza e furia crescenti […]. Il mondo abbisogna di un “nuovo contratto sociale” tra governi, persone, società civile, mondo degli affari […] il 2021 è l’anno del “o la va, o la spacca” per il mondo […] la Conferenza delle Nazioni Unite del prossimo novembre sul Cambiamento Climatico, la COP26 […] non si può permettere che fallisca». E sugli impegni a ridurre le emissioni afferma perentoriamente che «i Paesi del G20 che non hanno ancora assunto l’impegno formale verso l’obiettivo delle zero emissioni devono farlo».

Dal canto proprio Christine Lagarde, presidente della Banca Centrale Europea, dichiara che «le politiche fiscali devono giocare un ruolo dominante, l’obiettivo è quello di continuare a supportare tutti i settori dell’economia e assicurare il mantenimento di condizioni finanziarie stabili […con la] forte consapevolezza che il cambiamento climatico è prioritario». 

Sulla stessa lunghezza d’onda Peter Altmaier, ministro tedesco per gli Affari Economici e l’Energia, che invoca il «multilateralismo» e forti sinergie per effettuare «maggiori investimenti in soluzioni per l’energia pulita per aiutare ad affrontare il cambiamento climatico».

Il tema del rimodellamento del sistema globale è quindi affrontato da Schwab nel suo nuovo libro. Stakeholder Capitalism: A Global Economy that Works for Progress, People and Planet, di cui si dà ovviamente evidenza nel forum e che invoca ‒ ancora ‒ un reset del sistema economico in essere dal secondo dopoguerra per andare verso un capitalismo che tenga conto degli interessi di tutti i “portatori di interesse” (gli stakeholder) e non solo di quelli degli azionisti (gli shareholder). Schwab afferma che «ora noi dobbiamo “implementare le idee” stabilendo un sistema di metriche che consentano a tutti di vedere che un’azienda si sta muovendo in accordo ai criteri ESG». Bisogna, insomma, passare dalle parole ai fatti, senza indugiare oltre.

Sul tema degli aiuti e dei salvataggi governativi (bail-out), l’economista italiana Mariana Mazzucato afferma che «devono essere subordinati al taglio delle emissioni perché altrimenti non sarebbe un vero “build back better”», cioè un «ricostruire meglio», citando appunto lo slogan di Biden.

Rinnovato dirigismo

Rajiv Shah, presidente della Fondazione Rockefeller, sottolinea l’importanza di affrontare la diseguaglianza economica acuita dalla pandemia e, pur confermando l’importanza vitale dell’azione del settore privato, afferma che essa non può sostituire una «forte leadership pubblica», secondo una sorta di nuovo Piano Marshall.  

Oltre ai temi economici, dove si apre una fase di rinnovato dirigismo, spesato da maggiore tassazione e minore libertà di iniziativa, sono interessanti anche i richiami all’«emergenza sanitaria» prendendo in considerazione solo il «distanziamento sociale» e la vaccinazione di massa. Il tema sanitario viene del resto evidenziato anche dal presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping, secondo cui «la governance della salute pubblica globale deve essere potenziata […] Noi abbiamo bisogno di dare piena collaborazione al ruolo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nel costruire una comunità globale di salute per tutti». Insomma, sembra sentir risuonare la celebre raccomandazione del primo ministro britannico, Sir Winston Churchill (1874-1965), poi fatta propria dall’attivista radicale statunitense Saul Alinsky (1909-1972), personaggio del tutto inquietante: «Never let a good crisis go to waste!», ovvero «Mai lasciare che una buona crisi vada sprecata!».

Image source: André van Duin in het televisieprogramma Een avondje teevee met André, photo by AVRO from Beeld en Geluidwiki – Gallery: Een avondje teevee met André, licensed by CC BY 3.0 NL

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