Last updated on Settembre 25th, 2020 at 01:43 am
Il 22 agosto si è celebrata, quest’anno per la seconda volta, la Giornata internazionale di commemorazione delle vittime di atti di violenza basati sul credo religioso, un evento che assume un valore ancora più importante in questo periodo di pandemia, durante il quale si assiste a una recrudescenza della persecuzione verso i cristiani in Africa.
CoViD-19 in Africa
Il Continente Nero sta patendo gli effetti della diffusione del CoViD-19: i dati aggiornati al 18 agosto parlano di 1.128.596 casi, di cui 159.400 nelle ultime 14 settimane, con 25mila decessi. L’attendibilità di queste cifre, tuttavia, è scarsa. Le persone contagiate in condizioni sanitarie problematiche potrebbero essere molte di più. I tamponi effettuati per milione di abitanti, infatti, si aggirano attorno ai 4.200. Dato che va comparato con una media di 7.650 in Asia e 4.255 in Europa.
Il virus come punizione per i cristiani
In questa crisi sanitaria, secondo quanto riferisce l’ONG Open Doors, prolifera la persecuzione nei confronti dei cristiani, giacché questi ultimi si trovano in una condizione di vulnerabilità maggiore. Paige Collins, un esponente dell’organizzazione che si occupa della tutela dei cristiani perseguitati, pone l’accento in particolare sul Niger, dove, dice in un’intervista a Crux, «è emerso un filo conduttore tra due vulnerabilità», ossia l’essere vittime di persecuzione anticristiana e il CoViD-19. «Qui alcune voci estremiste islamiche hanno diffuso il messaggio che il coronavirus è un’invenzione occidentale contro l’islam o la punizione di Allah contro chi ha abbracciato il cristianesimo e si sono allontanati dall’islam». È così, aggiunge Collins, che «i cristiani stanno subendo un aumento degli attacchi».
Virus e persecuzione
Il nesso tra pandemia e recrudescenza della persecuzione è presto spiegato. «I cristiani perseguitati sono tra i più emarginati in Africa», afferma l’esponente di Open Doors, «hanno meno probabilità di ricevere aiuto dai propri governi e dai vicini». Collins riporta la testimonianza di un pastore cristiano in Sudan: «Quando i cristiani convertiti chiedono aiuto alla loro comunità musulmana, viene loro detto che devono rinunciare al cristianesimo se vogliono essere aiutati. È una tragedia». Secondo Collins, «mentre i cristiani in molti Paesi africani, tra cui Nigeria ed Etiopia, subiscono discriminazioni da tempo, il loro bisogno di cibo, riparo e cure mediche è aumentato significativamente a causa del coronavirus. La discriminazione nei soccorsi sta peggiorando una brutta situazione per i cristiani e per le altre minoranze religiose».
Genocidio in Nigeria
Situazione tragica in Nigeria. Già nei mesi scorsi un rapporto dell’ANPG, acronimo dell’intergruppo parlamentare per la libertà religiosa del parlamento del Regno Unito, segnalava che, tra gennaio e novembre 2019, sono morti mille cristiani soltanto per mano dei pastori Fulani, etnia nomade di credo islamico. « Senza dubbio, anche i musulmani pacifici possono diventare vittime collaterali di questa ideologia islamista violenta», si legge nel documento. «È una ideologia distruttiva e divisiva che porta a crimini contro l’umanità e che può spianare la strada verso il genocidio. Non dobbiamo esitare a dirlo». Un’agenzia internazionale di assistenza ai cristiani perseguitati, il Barnabas Fund, ha comunicato il 4 agosto che almeno 171 cristiani sono stati massacrati dai Fulani nell’arco di tre settimane.
Il silenzio dei media e il sostegno di ACS
«La nostra redazione è stata sommersa per molti mesi da simili storie, eppure, i maggiori media manistream non si occupano in modo preoccupante di questo inesorabile e sanguinoso tributo di vite cristiane», denuncia il Barnabas Fund. Dal canto proprio la fondazione di diritto pontificio Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), da sempre in prima linea nella difesa dei cristiani perseguitati, sottolinea «il dramma delle comunità cristiane in India, Nigeria e Repubblica Democratica del Congo tra pandemia e persecuzione» e chiede offerte per le celebrazioni delle Messe da parte dei sacerdoti delle comunità colpite.
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