Last updated on Agosto 24th, 2021 at 02:44 pm
Scrivere «saggi ecofemministi sulla maternità in un periodo di crisi climatica» è un lavoro duro, usurante. Non lo affermo per esperienza diretta, ma ad assicurarlo è la testimonianza di Christina Rivera Cogswell, autrice di Sono una mamma e assumo microdosi di funghi allucinogeni. Ecco come sta cambiando la mia visione della vita, tradotto e pubblicato dall’Huffington Post. D’altra parte ciò che io conosco delle microdosi di funghetti si limita a quegli episodi di The Good Fight – serie televisiva statunitense – in cui l’energica avvocatessa Diane Lockart – interpretata da Christine Baranski – trova sollievo dalla estenuante “buona battaglia” – quella contro il presidente Donald J. Trump – proprio nell’assunzione del prodotto psichedelico, amabilmente “offerto” da un giovane e prestante barman.
La mamma “fatta” di funghi
Eppure, la «mamma fatta di funghi», come si definisce la Cogswell, suscita inevitabilmente curiosità. Chi scrive dovrebbe mentire, infatti, se affermasse di non aver mai nemmeno lontanamente desiderato un qualsivoglia ritrovato chimico, più o meno legale, in grado di sostenere quegli “estenuanti” e “alienanti” pesi che la maternità porta con sé. Un pensiero fugace, certo, subito allontanato grazie, anzitutto, a quella rete di sicurezza creata dalla compagnia costante del marito – capace di scorgere la bellezza sotto una massa arruffata di capelli, le mani sporche di farina e i vestiti sformati così comodi per stare in casa – e delle amiche, quelle a cui poter dire “anche tu, davvero?”, proprio come C.S. Lewis nell’incontro fortunato con J.R.R. Tolkien. Perché crescere un figlio non è certo opera di minor valore, e minor impegno, che scrivere la saga de Il Signore degli Anelli piuttosto che le Le cronache di Narnia.
Ma torniamo alle microdosi di funghetti: anzitutto, e senza timore di esagerare, tutta la nostra stima, il nostro entusiasmo e la nostra gratitudine a una donna – la Cogswell, per l’appunto – che, parlando dell’essere mamma, non si lamenta di notti insonni o di bambini frignanti e mocciolosi. La narrazione contemporanea parrebbe infatti avere convinto che il vero problema della maternità siano le macchie di rigurgito sulla giacca del tailleur. Macché.
Le vere inquietudini di una mamma
La Cogswell ha piuttosto il coraggio di dire che la vera ragione per cui ha accarezzato l’idea di assumere funghi allucinogeni ha a che fare con le domande che i suoi figli le pongono quotidianamente, domande del tipo: «Mamma, quando è nato il primo bambino della storia?», «Mamma, che succede quando moriamo?», «Mamma, secondo te cos’è Dio?». Non essendo capace di rispondere altro che «Nessuno lo sa, amore», per poi riprendere a tagliare le carote, le va riconosciuto che un “aiutino” questa donna lo merita. Anche perché è così onesta da ammettere che si tratta di domande «che, a me, sembrano le più importanti del nostro mondo tra miliardi di mondi, eppure non capisco perché i miei figli di 5 e 8 anni siano le uniche persone che conosco a porsele». Scoperta davvero interessante, purtroppo subito accantonata in un «siamo sempre di corsa e io sono altrettanto colpevole quando scelgo di trascurarle».
Ed ecco il vero motivo per «smangiucchiare gambi di funghetti» ogni mattina: l’alternativa parrebbe essere quella di «smettere di tagliare le carote, smettere di dar da mangiare al cane […]. Sono domande che richiederebbero una coperta e un divano o magari un’amaca e un sacco a pelo sotto il cielo stellato. Richiedono distensione, fiducia e tutte le capacità della mia immaginazione». Meglio accontentarsi di un obiettivo più realistico: trovare il modo migliore per «affrontare l’angoscia per l’imminente sesta estinzione di massa sulla Terra» oppure «scendere a patti con la qualità e la quantità degli anni che i miei figli e i loro discendenti dovranno fronteggiare in vista della prossima crisi climatica». L’avevamo pur suggerito che scrivere saggi ecofemministi non è una passeggiata di salute. Mentale.
La “magia” dei funghetti
Interessante a questo punto capire come i funghi possano salvare dalla disperazione per il cambiamento climatico – almeno finché non finiranno estinti, pure loro. Dunque, Christine dice: «da quando ho iniziato con il microdosaggio, le frequenze più alte delle mie paure esistenziali si sono abbassate», anche se l’effetto non è propriamente allucinogeno, anzi, «è così discreto che spesso me ne dimentico completamente, tranne – tranne – quando noto un luccichio nell’erba alta cosparsa di neve». Questo pare basti a una donna che mentre afferma a gran voce «non drogatevi», rivendica contemporaneamente «il cambiamento radicale di ciò che riteniamo importante, un’esplorazione consapevole del buio che ci circonda, e l’accoglienza di tutto ciò che ci avvicina alla nostra natura di essere naturali», aprendo (o chiudendo) definitivamente la domanda: «posso davvero mantenere un equilibrio»? L’equilibrio «tra luce e buio, tra dolore e gratitudine, tra neve e sole»?
Il parere dell’esperto: la Signora Maggot
Se il luccichio dell’erba innevata possa essere risposta sufficiente alla ricerca di equilibrio nella drammatica esistenza di una donna incapace di trovare un significato nel tagliare le carote – mentre riflette su un mondo destinato all’estinzione – è difficile giudicarlo.
Più interessante andare all’esperienza di un’altra donna, mamma di cinque figli – tre femmine e due maschi per la precisione – moglie di un agricoltore, vissuta vicino al Fiume in tempi bui, con «individui strani e misteriosi» che gironzolavano intorno a casa, tra cui un cavaliere «tutto nero, avvolto in un mantello e con un cappuccio in testa». Giorni strani, in cui l’incombenza di un’Ombra a Est rendeva inquieta l’esistenza quotidiana. La Signora Maggot – di lei qui si parla – moglie del fattore Maggot, hobbit della Contea vissuto a cavallo tra la Terza e la Quarta Era, lei i funghi li cucinava, insieme alla pancetta, accompagnati da birra in abbondanza e altri cibi campagnoli, sani e nutrienti. E al marito che si avventurava nella notte, per aiutare altri giovani hobbit in fuga da – e verso – l’Oscurità, si limita a gridare: «Stai attento, Maggot. Non ti mettere a litigare con estranei e torna subito a casa!».
Un marito che non perda tempo in occupazioni inutili, e pericolose, e che torni presto a casa da lei. Questo è sufficiente, perché non è vero che per rispondere alle domande cruciali dell’esistenza è necessario posare il coltello, dimenticare le carote, e distendersi sotto la volta stellata a “riflettere”. Probabilmente è molto più confortante – ancorché affatto psichedelico – continuare a tagliare i funghi, insieme alle carote, nella certezza che «il mondo è davvero pieno di pericoli, e vi sono molti posti oscuri; ma si trovano ancora delle cose belle, e nonostante l’amore sia ovunque mescolato al dolore, esso cresce forse più forte» (J.R.R.Tolkien).