Last updated on aprile 10th, 2020 at 07:17 am
Episodi di barbarie morale si sono sempre registrati durante le epidemie. È successo ovunque, nella storia dell’uomo, che in simili circostanze si scatenasse la «caccia all’untore». Ne dà notizia anche Alessandro Manzoni (1785-1873), che, nel celebre I promessi sposi, dedica ampio spazio alla persecuzione cui fu sottoposto chi veniva accusato di diffondere la peste a Milano. Qualcosa di simile è del resto avvenuto recentemente, con l’accusa mossa al nuovo movimento religioso sudcoreano di origine cristiana Chiesa Shincheonji di Gesù. Ma sempre in questi giorni di emergenza coronavirus, in Spagna si è forse superato ogni limite.
Bambini e quarantena
In Occidente sono state ovunque adottate misure atte a contrastare la diffusione dei contagi. Norme che, tuttavia, differiscono di Paese in Paese. Un tema che anima il dibattito è quello delle uscite dei bambini. Hanno il diritto di prendere un po’ d’aria aperta oppure no? Se la Francia, per esempio, ha previsto che i bambini possano uscire «in spazi aperti nelle vicinanze di casa» mantenendo le distanze tra loro, e se l’Italia è intervenuta con un paio di precisazioni sulla questione che non hanno tuttavia ancora diradato i dubbi, la Spagna è sembrata fin da subito inflessibile: i minori non possono uscire di casa. Punto. Il dibattito che è scaturito nel Paese iberico, però, ha costretto il governo di Pedro Sanchez a un dietrofront. Nell’art. 7 dell’ultimo Real Decreto 463/2020 si legge che «persone con disabilità, minori, anziani» possono essere accompagnati a fare passeggiate all’aperto.
Polemica chiusa? Niente affatto. La stampa locale racconta quanto avvenuto a Sant Feliu de Llobregat, comune catalano di 44mila abitanti, ai danni di Josep Salvat, padre 47enne di un bambino di 10 anni. «Mentre giocavo a palla con lui, sentivo le urla dei vicini, ma non mi importava. Poi ho visto una pattuglia, così ho capito che ci avevano denunciato», racconta a LaVanguardia. Il figlio di Josep Salvat soffre di autismo, documentato da un certificato che gli concede il diritto di uscire. Ma dai balconi delle case la sua condizione di disabilità non è percettibile. È così che padre e figlio sono diventati il bersaglio degli strali di cittadini indignati dal fatto che ci sia gente in giro nonostante la quarantena per coronavirus. Episodi analoghi sono avvenuti anche a Oviedo e a Leganes. Una denuncia arriva anche dall’Italia, precisamente da una mamma di Lucca.
Il nastro azzurro
Ne è nata in Spagna una campagna, da parte di genitori di figli autistici, per proteggere i propri bambini dall’odio sociale: d’ora in poi molti hanno deciso di uscire per fare una passeggiata con una sciarpa, un braccialetto o qualsiasi altro accessorio visibile di colore azzurro, di modo che siano riconoscibili e si evitino insulti nei loro confronti. Uno segno di riconoscimento. Un marchio addosso. Un simbolo che alimenta lo stigma. In tanti nutrono perplessità. Ma la matrice provocatoria dell’iniziativa serve proprio a denunciare un clima di rancore che serpeggia nella società impaurita. Il coronavirus passerà. La speranza è che passerà presto. E che con lui se ne andrà anche questo clima di reciproca diffidenza che inizia a farsi molto pesante.
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