Last updated on Maggio 7th, 2020 at 04:04 pm
Il tributo nei confronti dei medici impegnati in prima linea per combattere il CoViD-19 è ovunque unanime. O quasi. Già, perché a New York c’è chi ha inscenato una protesta contro l’allestimento, a Central Park, di un ospedale da campo con 68 posti letto per curare le persone contagiate dal virus. A organizzare la mobilitazione è stato un gruppo LGBT+ chiamato Reclaim Pride Coalition, indispettito dal fatto che la struttura ospedaliera sia stata allestita da Samaritan’s Purse, un’organizzazione cristiana evangelica, la stessa che ha allestito una struttura analoga in Italia, fuori l’ospedale di Cremona.
La protesta
A metà del mese scorso gli attivisti arcobaleno, assieme a otto esponenti del Partito Democratico e ad alcuni membri di organizzazioni per i diritti umani (soi-disant), si sono radunati ‒ un metro di distanza gli uni dagli altri ‒ nei pressi dell’ospedale da campo, ostentando cartelli con scritte frasi del tipo «help non hate», «aiuto non odio». L’accusa nei confronti della Samaritan’s Purse è di far firmare ai propri volontari un documento nel quale essi dichiarano di essere cristiani e, di conseguenza, di osservare gli insegnamenti morali del cristianesimo, tra cui sostenere l’unicità del matrimonio come unione tra un uomo e una donna. Poco importa ai contestatori che dal 1° aprile alla metà del mese quell’ospedale da campo abbia curato 130 pazienti affetti da CoViD-19, grazie all’impegno di personale specializzato in malattie infettive. Jay W. Walker, un attivista di Reclaim Pride Coalition, si è domandato: «Come mai è stato consentito a questo gruppo di portare in città odio e vetriolo in piena crisi da lotta alla pandemia?».
La risposta della Samaritan’s Purse
Sulla questione è intervenuto, con un post su Facebook, anche l’amministratore delegato della Samaritan’s Purse, Franklin Graham, sottolineando che «la nostra fede cristiana ci obbliga ‒ come il Buon Samaritano biblico ‒ ad amare e a servire tutti coloro che hanno bisogno, indipendentemente dalla loro fede e dal loro retroterra culturale». Graham ha spiegato come, in una fase delicata qual è l’attuale, sarebbe stato opportuno lasciare da parte le polemiche sul matrimonio omosessuale. «È vero», afferma, «da 50 anni chiediamo al nostro personale di sottoscrivere una Dichiarazione di fede, ma non abbiamo mai chiesto a nessuno, tra i milioni di persone che abbiamo servito, di sottoscrivere alcunché».
Del resto qualsiasi medico, prestando il Giuramento di Ippocrate, si impegna a «curare ogni paziente con scrupolo e con impegno, senza discriminazione alcuna». Opporsi all’istituto giuridico del matrimonio omosessuale, inoltre, non equivale affatto a odiare le persone omosessuali, piuttosto è un’opinione tutelata dal Primo emendamento alla Costituzione federale degli Stati Uniti d’America che tutela la pratica libera della religione e la libertà di parola.
Ovvietà che si è però reso necessario dover ribadire. Il coro di proteste contro i camici bianchi cristiani, infatti, si è esteso al punto da arrivare nell’ufficio di Bill De Blasio. Il sindaco di New York, definito dai media un «campione dei diritti LGBT», ha voluto rassicurare che «rimarrà vigile per garantire che non si verifichino discriminazioni». Intanto, mentre De Blasio «vigila», medici e infermieri del Samaritan’s Purse mettono a repentaglio la propria salute per curare il CoViD-19 a pazienti di ogni etnia, appartenenza religiosa, orientamento sessuale.
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