Last updated on marzo 9th, 2020 at 03:31 am
Freedom! Freedom! Da Aretha Frankin, a Pharrel Williams: il desiderio dell’uomo parla di libertà. Ci sono ricorrenze particolari, poi, in cui la tensione alla libertà appare declinata secondo attenzioni differenti. L’8 Marzo porta alla ribalta, ogni anno, la battaglia per “i diritti delle donne”, e viene alla mente Mrs. Banks di Mary Poppins: «Lacci e catene noi spezzerem; e tutte unite combatterem; noi siam le forze del lavoro; e cantiamo tutte in coro: Marciam! Suffragette, a noi!». Oltre al diritto di voto – sacrosanto – cosa hanno chiesto le “suffragette”? Quali lacci e quali catene ci sono ancora, che le donne vogliono spezzare? Si tratta di sbarazzarsi dell’impegno di crescere i figli, “costringendo” il coniuge a condividere anche nella forma l’accudimento fin da i primi mesi di vita – come il ministro per le Pari opportunità e le famiglia, Elena Bonetti, pare indicare tra le priorità delle donne italiane? O la libertà è una bella vacanza senza bambini tra i piedi? Convivere, invece che convolare a giuste nozze? Cambiare sesso e nome? Oppure la difesa dei diritti delle donne non può che passare attraverso la tutela della famiglia, nucleo fondante della società?
Ma cos’è la libertà?
Vista la confusione imperante in nome di “diritti” e di “libertà” è necessaria un po’ di chiarezza:
«wanna be sober, but I love getting high […] I wanna be faithful, but love hooking up with randos; […] I wanna get exercise, but I’m too lazy to workout […] I wanna go outside, take my family to the beach I wake up in the morning, first thing I do is look at a screen, at a screen; Wanna live freely, why isn’t it so easy?».
«Voglio essere sobrio, ma amo ubriacarmi; […] voglio essere fedele, ma amo farmi le sconosciute; […] voglio fare esercizio, ma sono troppo pigro per farlo; […] voglio uscire, portare la mia famiglia al mare; mi sveglio al mattino e la prima cosa che faccio è guardare uno schermo, uno schermo: voglio vivere liberamente, perché non è così semplice?».
Macklemore – Intentions – aiuta a far emergere la dinamica profonda che si gioca tra “intenzioni”, “desideri” (puntuali) e “voglie”. Non è semplice vivere “liberamente” perché non è anzitutto chiaro, alla ragione, quale sia il contenuto delle libertà che si vanno cercando. Essere sobri, fedeli, fare esercizio, andare al mare … Sono queste le espressioni della libertà? Oppure è l’opposto: ubriacarsi, farsi le sconosciute, restare sul divano a guardare lo schermo, invece di fare esercizi e portare la famiglia al mare? Macklamore continua:
«I should read a book, but I keep watching this TV; And I know this lifestyle doesn’t really feed me; […] All my good intentions just ain’t good enough to find the love; So I smoke until my lungs are full; Drink until I lose my cool; Apology’s my middle name and one day, I will change; But I’m okay with who I am today; I’m okay with who I, who I am today».
«Dovrei leggere un libro, ma continuo a guardare la TV; e so che questo stile di vita non mi appartiene; […] tutte le mie buone intenzioni non sono abbastanza buone per trovare l’amore; allora fumo finché i mie polmoni sono pieni; bevo finché non perdo il fascino; mi scuserò del mio secondo nome e un giorno, cambierò; ma mi va bene come sono oggi; mi va bene come io, come io sono».
La libertà e il sé
Cos’è dunque il contenuto della libertà, cos’è il contenuto del desiderio? Tra cedere alla propria pigrizia e fare quel che si pensa sia “giusto” (magari perché è qualcun altro che ce lo dice), tra affrontare lo sforzo per perseguire quel che appare preferibile e abbassare l’aspettativa per non rischiare di restare delusi dalla propria – o altrui – fragilità: cosa corrisponde di più? Non è scontato che quel che appare “giusto” (i famosi “buoni propositi”) coincida con il desiderio profondo del cuore: l’esperienza dice che quando un bene è riconosciuto veramente, quando un desiderio preme – come in un innamoramento –, si è disposti a fare di tutto, vincendo qualsiasi pigrizia. La percezione di un bene certo spinge fuori di sé, e anche se la soddisfazione “qui ed ora” appare più facile, si trova in sé la disposizione a quel “lavoro” che porta a perseguire qualcosa di apparentemente lontano.
Ci sono momenti nella vita in cui si affermerebbe, senza esitazione, che essere liberi significa non avere nessuno che controlla, fare quel che si vuole, ma anche l’età della spensieratezza porta in sé un approfondimento: «alla fine uno è libero quando fa quello che lo fa sentire bene». Anzi «non quello che ti fa sentire bene, ma quello che ti “fa bene”», superando l’inganno per cui libertà coincide con “capacità di scelta”, perché «anche quando posso scegliere tante volte non raggiungo ciò che desidero. La libertà me la sorprendo addosso quando percepisco una pienezza cui io aderisco e che mi rende contento». La libertà ha a che fare con il bene, dunque: il raggiungimento di un bene che non coincide con la soddisfazione immediata, ma che ha a che fare con il compimento di sé, con la propria realizzazione.
Il bene è la perfezione dell’essere: è bene per il seme diventare albero, anche se questo significa andare sottoterra, spezzarsi, in qualche modo “morire”. Se il bene ha a che fare con la realizzazione di sé l’uomo è vincolato a quel che è, a come è fatto: essere liberi, dunque, significa dire di sì, scegliere, cioè, non secondo licenza totale, ma in vista della strada che più corrisponde al compimento della persona. La vita diventa allora una ricerca continua degli indizi verso questo compimento, e torna l’ipotesi, per le donne – come per tutti – , che la difesa dei propri “diritti” passi anzitutto dal riconoscimento della propria natura. Una ipotesi spalancata a scenari interessanti…
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