Last updated on marzo 9th, 2020 at 03:32 am
Bruciare meno combustibili fossili non basta. Per arginare il cambiamento climatico bisogna ridurre la popolazione. A dirlo non sono soltanto la femminista tedesca Verena Brunschweiger, sostanzialmente un Carneade, o un volantino diffuso a Cremona dall’associazione ambientalista Filiera Corta Solidale. Chi porta avanti questa tesi sono 11mila esperti che hanno firmato il World Scientists’ Warning of a Climate Emergency, «Allarme degli scienziati mondiali sull’emergenza climatica». L’appello, pubblicato sul periodico BioScience, non si limita a richiamare le istituzioni ad attuare politiche energetiche, alimentari ed economiche eco-sostenibili, bensì chiede di controllare la popolazione. È lo spettro di Thomas Malthus (1766-1834) che ritorna sotto spoglie green.
«La popolazione mondiale deve essere stabilizzata ‒ e gradualmente ridotta ‒ in un quadro che garantisca l’integrità sociale», scrivono gli scienziati nel documento, auspicando interventi politici che «rendano i servizi di pianificazione familiare disponibili a tutte le persone». Del resto, se si ritiene che i cambiamenti climatici abbiano un’origine antropica, diminuire il numero di abitanti sul pianeta non può che giovare all’atmosfera. Ma l’uomo è davvero responsabile dell’inquinamento ambientale? E quanto? Una risposta anticonformista la fornisce Ernesto Pedrocchi, per oltre 50 anni professore ordinario di Termodinamica applicata e di Energetica al Politecnico di Milano e autore de Il clima cambia. Quanta colpa ha l’uomo?
«Emissioni antropiche? Marginali»
Intervistato da “iFamNews”, Pedrocchi esordisce con un’affermazione poco in voga: «La CO₂ non è un inquinante: il contributo antropico alle immissioni in atmosfera è ora del 5%, il resto deriva dalle emissioni della biosfera terrestre e dagli oceani». L’esperto afferma che «la Tgm (Temperatura globale media) è l’unico parametro che possa essere considerato rappresentativo del clima terrestre. L’effetto su di essa dell’aumento della concentrazione di CO₂ in atmosfera ‒ passata da 315ppm nel 1958 a 420ppm oggi ‒ è, anche secondo l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) stesso, quasi in saturazione».
L’idea di Pedrocchi, dunque, è che «le emissioni antropiche abbiano complessivamente giocato un ruolo marginale sull’aumento della Tgm di circa 1°C verificatosi con alti e bassi dal 1850 a ora e che tale aumento derivi molto probabilmente da fattori naturali». Ciò nonostante, prosegue, «è in atto una demonizzazione delle emissioni antropiche della CO₂» e «la disinformazione raggiunge l’apice quando si confondono frequenza e intensità di eventi estremi, molto difficilmente documentabili specialmente a scala locale, con i danni provocati che sono spesso dovuti all’incontrollata antropizzazione del territorio che nulla ha a che fare con il cambiamento climatico».
Alla luce di queste riflessioni, per Pedrocchi, «non c’è affatto bisogno di un controllo forzato delle nascite per limitare le emissioni antropiche di CO₂», anche perché ‒ prosegue ‒ «quasi tutti i demografi concordano sul fatto che la popolazione mondiale, nel giro di meno di un secolo, comincerà a calare e che già ora è stazionaria o in diminuzione ovunque tranne che in Africa».
Ma allora perché si colpevolizza l’uomo additandolo come causa dell’inquinamento e si arriva persino a sostenerne l’estinzione per salvare il pianeta? Secondo Pedrocchi «si tratta di una gigantesca campagna mediatica che censura ogni dissenso». Ma chi c’è dietro? «La lobby della carbon free economy ha certamente grossi interessi, basti ricordare che la sola green economy muove circa 1 miliardo di dollari al giorno, ma è evidente che vi siano anche altri interessi di natura ideologica per ora mascherati», dice. «Probabilmente», aggiunge, «è in atto un tentativo di instaurare una governance mondiale tecnocratica di alcuni scienziati che, con il pretesto di combattere la presunta causa antropica del cambiamento climatico, vorrebbero pianificare lo sviluppo del mondo intero».