Last updated on Ottobre 8th, 2021 at 01:45 pm
Il presidente degli Stati Uniti d’America, Joe Biden, sta cercando di distrarre il mondo con il suo disastroso ritiro dall’Afghanistan, che fa impallidire persino la vergogna di Saigon 1975, onde coprire la violenza con cui continua ad amministrare in patria.
Il Texas ha varato una legge meravigliosa contro l’aborto, il «Senate Bill 8» (S.B. 8). Lo ha fatto quando il 19 maggio il suo governatore, Greg Abbott, un uomo vero, che, paralizzato da anni sulla sedia rotelle, difende la vita sin negli anfratti più deboli in tutte le forme legali in cui può, ha apposto la propria firma alla norma che vieta l’aborto quando sia percepibile il battito cardiaco del piccolo nel ventre della mamma, cioè attorno alla sesta settimana di gravidanza, anche nei casi di stupro e di incesto. Poiché, caso mai qualcuno nutrisse ancora dubbi, non va comminata al bimbo innocente nato da uno stupro o da un incesto la pena di morte per lo stupro o per l’incesto che gli ha dato la vita.
L’aborto legalizzato si combatte infatti così: erodendone pezzi uno dopo l’altro. E impedire l’interruzione volontaria della gravidanza oltre la sesta settimana significa virtualmente paralizzare l’industria dell’aborto. I filoabortisti lo dicono brutalmente, cioè male, ma la sostanza è lampante. Alla sesta settimana molte donne non sanno nemmeno se siano incinte o meno, e il divieto texano mette chiunque nelle condizioni di poter fare causa a un abortificio, il quale quindi difficilmente si accollerà il rischio, molto probabilmente scegliendo di non performare l’aborto. Splendido.
Splendido perché, seguendo la logica della legge texana, entra in crisi anche il costrutto farlocco su cui la sentenza della Corte Suprema federale nel caso Roe v. Wade dichiarò l’aborto non illegale nel 1973 e quindi si arriva all’ora X.
Ora, Biden è contrarissimo a questa legge salvavita, perché preferisce che i bambini innocenti vengano abortiti, comminando loro la pena di morte per non avere commesso alcun crimine, anche nel caso di quello stupro o di quell’incesto che ha dato loro la vita e di cui sono totalmente innocenti.
Non stava nella pelle, Biden, e ha vergato un comunicato rabbioso, persino livoroso. Uno sputacchio, se il francese è concesso, di poche righe senza alcun motivo se non quello di urlare al mondo tutta la propria ira e ribadire, aggrappandosi in extremis sgomento al bordo del precipizio mentre il terreno gli frana sotto le scarpe, che la sua Amministrazione farà di tutto per difendere l’aborto, tiè.
Biden è un presidente pessimo, spiace per i cattolici, perché Biden è cattolico, che combatte la vita. Il mondo lo prende in giro per le sue gaffe e piange i suoi fallimenti internazionali. Fa benissimo. Non dovrebbe però al contempo dimenticare che, mentre con la mano destra rimedia figuracce e soldati morti, con la sinistra colpisce bimbi innocenti.
Uno dei pericoli che corrono gli Stati Uniti è che a Biden possa sostituirsi, per incapacità conclamata, il vicepresidente Kamala Harris, passando dalla padella alla brace. Ne ho scritto personalmente sul quotidiano Libero il 1° settembre, ma mi coglie ora un secondo pensiero. C’è poi davvero così tanta differenza fra Biden e la Harris?
La legge salvavita del Texas intanto è in vigore e, appunto, salva vite umane innocenti. Ed è una grande notizia da tatuarsi sul petto, da stampigliare sulle t-shirt e da gridare dai tetti: «monumentale», come la definiamo noi di «iFamNews» attraverso la penna del bravo Damian Goddard.
Era finita alla Corte Suprema federale speditavi con procedura di urgenza dalla lobby filoabortista giacché il 1° settembre sarebbe entrata in vigore. E la Corte Suprema ne ha riconosciuto la costituzionalità con 5 voti contro 4. Cinque voti conservatori contro tre liberal e uno conservatore, quello del presidente di quell’assise augusta, John G. Roberts.
Non è la prima volta che Roberts vota male. A volte accecato dalla forma rispetto alla sostanza, altre volte francamente chissà perché. A suo tempo fui tra chi salutò convintamente la sua nomina, uomo specchiato, giusperito serio, appunto conservatore, cattolico e tante altre belle cose. Ho detto, ripetuto e scritto che il bistrattato presidente George W. Bush (figlio) va giudicato per le politiche strutturali, per esempio la nomina del bravo Roberts. Continuo a ritenere che Roberts sia uno dei lasciti migliori della presidenza Bush jr. proprio perché misura strutturale, ma mi domando dove sia finito il Roberts che Bush nominò. E se potessi lo domanderei a Roberts stesso.
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