Last updated on Luglio 24th, 2021 at 10:53 am
Una certa base dell’Azione Cattolica ha sbracato. La sua dirigenza, invece, non molla. Nel week end è andato in onda un braccio di ferro importante.
Prima l’Azione Cattolica di Tusa (in provincia di Messina) il 22 aprile e poi l’Azione Cattolica di Castel Lucio (sempre nel Messinese) il 24 si sono apertamente schierate a favore del «ddl Zan». Come le starlette, come la gente che si riempie la bocca di quel che non sa, come chi grida libertà a senso unico, come la propaganda che vorrebbe instillare nella mente delle persone, sin dalla più tenera età, che esistano decine e decine di sessi, che uno si può svegliare al mattino e decidere quale indossare e soprattutto che viviamo in un mondo oscurantista e bieco che fa della discriminazione una religione, motivo per cui bisogna assolutamente che il parlamento italiano abbandoni tutte le cose serie di cui si deve occupare per sancire che se uno sferrasse un pugno in faccia a un uomo che al mattino ha deciso di sentirsi donna sarebbe più grave di un pugno sferrato sulla mia faccia che non mi sono mai sognato di sentirmi donna. Per colpire il secondo reato, infatti, esistono già leggi e pene, e queste leggi e pene dell’ordinamento italiano tutelano tutti senza discriminazioni e soprattutto senza entrare nelle vite private, senza intrufolarsi, senza pensare di ridurre le persone a ubbie e preferenze sessuali. Quelle leggi i cittadini italiani li difendono in quanto persone lese, in quanto esseri umani, comunque e sempre, punto.
Una parte dell’Azione Cattolica crede invece alle sirene che stanno facendo di tutto per rendere anche il nostro Paese illiberale e repressivo.
In piena coscienza credo che una parte di loro sia in perfetta buonafede. Temo invece che un’altra parte sia collusa ideologicamente con quel pensiero gender che sta cercando di stravolgere quel che resta del nostro tessuto umano e sociale. In entrambi casi è una tristezza, perché la buonafede da sola non serve mai a nulla.
I responsabili, invece, dell’Azione Cattolica non cedono. Il caso di Tusa e di Castel Lucio è stato infatti sistemato a stretto giro dalla struttura diocesana cui le due “basi” fanno riferimento, ovvero l’Azione Cattolica di Patti.
«In riferimento alle dichiarazioni che sono state pubblicate nelle pagine facebook di due associazioni di Azione Cattolica della nostra Diocesi», ha scritto l’AC di Patti su Facebook alle 21:21 del 24 aprile, in piena buriana, mentre già si levavano giustamente le voci scandalizzate di molti, «in merito al Disegno di legge “in materia di violenza o discriminazioni per motivi di orientamento sessuale o identità di genere”, la Presidenza diocesana ribadisce la piena sintonia dell’associazione con il Magistero di papa Francesco e con il comunicato della Conferenza Episcopale Italiana del giugno dello scorso anno nel quale i nostri Vescovi, oltre a condannare tutte le forme di discriminazione “comprese quelle basate sull’orientamento sessuale”, hanno anche espresso come negli ambiti su cui s’intende legiferare “non solo non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune che giustifichino l’urgenza di nuove disposizioni». Amen.
Di fronte alla strigliata, l’AC di Tusa ha ritirato l’endorsement mentre quella di Castel Lucio è scomparsa da Facebook.
Nondimeno l’AC di Tusa polemizza: «Preso atto della posizione ufficiale della presidenza diocesana e su richiesta della stessa, il consiglio di Azione Cattolica di Tusa ha rimosso il post a sostegno dell’approvazione del Ddl Zan. I membri del consiglio, nella loro individualità e come cattolici, ribadiscono il loro sostegno all’approvazione di una legge che ritengono coerente con gli insegnamenti del Vangelo: amore, inclusione, farsi prossimo dell’escluso».
Probabilmente a Tusa usano un Vangelo che al resto dei cattolici non è pervenuto, un Vangelo dove sta scritto “illibertas vos liberavit” e dove si predica la sovversione gender. Ma questo lo lasciamo alla scienza dei filologi neotestamentari.
Quel che invece importa è una frasetta del comunicato dell’AC di Patti: «la Presidenza diocesana ribadisce la piena sintonia dell’associazione con il Magistero di papa Francesco e con il comunicato della Conferenza Episcopale Italiana del giugno dello scorso anno».
Ovvero:
a. esiste in materia un magistero pontificio chiaro, ben sintetizzato da Papa Francesco, che definisce l’ideologia gender «sbaglio della mente umana»,;
b. esiste un magistero episcopale in piena comunione (ovviamente) con il magistero pontificio che afferma le medesime verità;
c. entrambi sottolineano la pericolosità del «ddl Zan»;
d. in Italia non esiste alcuna necessità di una legge liberticida come quella prevista dalla proposta Zan e di questo la Chiesa fa magistero;
e. tutte le realtà, e i singoli, che pretendono di definirsi cattolici hanno il dovere morale di attenersi a quel magistero, che, non riguardando il possibile colore delle babbucce, bensì questioni fondamentali di morale, è vincolante.
L’AC non è una struttura qualsiasi. È una struttura ufficialmente promossa dalla Chiesa Cattolica. Bene ha fatto Patti a sottolineare che su questioni morali non esistono opinioni. Fine. L’appendice è che questo fatto evidenza una frattura dentro il mondo cattolico non banale e non nuova. Per questo “iFamNews”, laicamente, dà cronaca di questi avvenimenti. C’è una parte del mondo cattolico che continua a pensare di poter essere cattolico prescindendo, anzi facendo positivamente l’esatto contrario di quanto stabilisca la dottrina cattolica, prescriva la morale cattolica, insegnino i superiori, i vescovi e il Successore di Pietro.
Accade dal messinese alla Casa Bianca, ed è uno scandalo.
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