La notte a cavallo fra il 31 dicembre e il 1° gennaio di ogni anno, si sa, è carica di significati, e pure di piccoli rituali scaramantici. Nessuno ci crede veramente, per fortuna, eppure le aspettative e le speranze per i mesi a venire rendono tutti, anche i più cinici, almeno un poco “possibilisti”. E sperare con cuore puro sempre il meglio è comunque una bella cosa.
Sono le usanze più antiche, ereditate dalle tradizioni popolari, a toccare le corde dell’animo. E, guarda caso, sono molto spesso legate alla famiglia.
In Italia portare in tavola le lenticchie, in Spagna mangiare dodici acini d’uva ai dodici rintocchi della mezzanotte che segna il nuovo anno, altrove inserire nel menù una melagrana rossa e succosa dai chicchi simili a rubini. Come spesso accade, è attraverso il cibo e il suo simbolismo ancorato saldamente al reale che si concretizza il messaggio della tradizione: cibo caldo e sostanzioso che nutre e sostiene, come le lenticchie, oppure frutta pregiata come l’uva d’inverno, che forse in altri tempi non era disponibile proprio per tutti, ma solo per i più facoltosi.
Dappertutto ciò che si auspica è la ricchezza. Non soltanto però nel senso materiale, e un po’ grossolano, del termine, di poter disporre di beni e di denari comunque indispensabili per mantenere, confortare e ampliare la famiglia, tenendola al sicuro, bensì anche nel significato più ampio di prosperità, di rapporti buoni e fecondi tra le generazioni, di amore e affetto reciproci, di sicurezza e calore, di fertilità per le giovani coppie.
Ricchezza di sentimenti, insomma, che leghino le persone e che le facciano sentire al contempo protette e aperte alla vita. Che le facciano sentire in famiglia.
Molti auguri per il nuovo anno, allora, e che sia ricco. E buono.
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