Tra il 6 e il 7 giugno si saprà se Archie Battersbee vivrà o morirà. I genitori del dodicenne britannico colpito due mesi da una paralisi cerebrale misteriosa stanno lottando con tutte le forze per salvare la vita al ragazzo. Di tutt’altro orientamento sono però i dirigenti sanitari del Royal London Hospital che ‒ sempre in nome del «miglior interesse» ‒ chiedono la sospensione delle cure e dei supporti vitali.
Ancora una volta sarà l’Alta Corte britannica a emettere la sentenza di vita o di morte su un minore: Charlie Gard (2016-2017) e Alfie Evans (2016-2018) furono sacrificati dal medesimao tribunale. Nel 2019 invece Tafida Raqeeb è stata risparmiata e la sua vicenda a lieto fine sta portando molto frutto.
Nell’udienza del 25 maggio l’Alta Corte ha concesso ai genitori di visitare Archie prima di emettere il verdetto: qualcuno la considera un’apertura che potrebbe giocare a favore del ragazzo. Al contempo è davvero troppo presto per dire se la decisione inciderà davvero sulle conslucioni dei giudici.
Per Archie, ora, le possibilità sono infatti sostanzialmente due: o la Corte ordinerà la sospensione dei trattamenti vitali oppure autorizzerà esami e controlli più approfonditi per stabilire se vale la pena proseguire i trattamenti.
La speranza indistruttibile di una madre
I medici avevano sostenuto la strada dell’abbandono terapeutico, ritenendo «molto probabile» la morte cerebrale del paziente. Un avvocato del Royal London Hospital ha del resto dichiarato alla Corte che il quadro clinico di Archie era già stato «ampiamente analizzato» dagli specialisti del nosocomio, pur dicendosi favorevole ad analisi ulteriori «per non lasciare nulla di intentato». Un secondo medico ha detto al giudice che i danni cerebrali di Archie sarebbero invece «irrimediabili».
Hollie Dance, madre di Archie, resta «irremovibile». Suo figlio, spiega, «ha solo bisogno di più tempo». «I cervelli sono cose molto complesse», aggiunge la mamma . «Per sanare una gamba rotta ci vogliono dalle sei alle otto settimane. Qui si tratta di lesione cerebrale, quindi credo serva più tempo».
Già a fine aprile la signora Dance aveva riferito dei «progressi» del figlio, che le aveva stretto le dita della mano e che aveva «iniziato ad aprire gli occhi», seppure «non completamente». Ora la donna ribadisce che Archie è un «combattente nato» e che anche lei non smetterà di «combattere».
La responsabilità del destino del piccolo Archie Battersbee è ora nelle mani di Emma Arbuthnot, il giudice dell’Alta Corte che sta supervisionando il caso conducendo una serie di udienze private e che venerdì ha fatto visita al ragazzo.