Last updated on Febbraio 10th, 2021 at 12:07 pm
Oggi, domenica 7 febbraio, «Giornata per la vita», “iFamNews” lancia una grande campagna: Una luce per la vita. E siamo pronti a scommettere che saremo in tanti, stasera alle 20:00, ad accendere un lume alle nostre finestre, sui nostri balconi. Non ci limiteremo infatti a postare la foto di un lumino, acchiappata da qualche parte in rete, no: una luce la accendiamo davvero. Ché i social hanno uno scopo se servono a comunicare una realtà, a darne un riverbero. Dove invece tentano di sostituirsi a essa fanno solo danni. E accenderemo una luce non già perché nostalgici delle luminarie natalizie, che nemmeno hanno fatto in tempo ancora a impolverarsi, nelle soffitte e nei ripostigli dove le abbiamo collocate in attesa dell’anno venturo.
L’idea è nata dalla riscoperta di una iniziativa – Ai nati oggi – dell’artista Alberto Garutti, che celebra ogni nuova nascita con l’intensificarsi della luce di un lampione. Ma il legame tra luce e nascita, tra luce ed essere affonda le radici molto più profondamente.
Per primo il filosofo greco Aristotele (384-322 a.C.) ha elaborato un concetto di luce, in se stessa immateriale, che sarebbe alla radice della corporeità stessa dell’universo: l’universo materiale scaturisce dall’etere, materia evanescente e fluida che circonda tutti i corpi, che diventa contingentemente consistente nei quattro tradizionali elementi (terra, acqua, aria e fuoco).
Per i filosofi neoplatonici la luce è emanazione del Principio Primo, l’Uno che attraverso la luce comunica se stesso. Quell’Essere che, insegna Parmenide (VI-V sec. a.C.), «è e non può in alcun modo non essere», si comunica e si concretizza attraverso la luce: dalle tenebre del caos primordiale la luce è principio di ordine e vita. Per l’appunto.
Poi è Roberto Grossatesta (1175-1253) a sviluppare una vera e propria “metafisica della luce”, accogliendo la dottrina agostiniana dell’illuminazione divina dell’intelletto così da coniugare il piano naturale, psicologico, gnoseologico e teologico sotto un’unica dottrina. La luce, principio ontologico, costituisce la componente strutturale essenziale di ogni essere fisico: incorporea in sé, la luce unita alla materia genera un corpo determinato e quantificato.
In ambito cosmologico la luce permette la costruzione dell’universo a partire dal primo atto della divina creazione; in ambito fisico, la luce è l’elemento attivo che propagandosi dai cieli opera causalmente nel mondo sublunare: il sinolo di luce e materia costituisce il composto primario di tutta la realtà. Sotto l’aspetto gnoseologico, la luce spirituale è condizione di possibilità della conoscenza intellettuale, attraverso cui l’uomo entra in contatto con la realtà intellegibile. Dio stesso, poi, è luce: non corporea come quella che costituisce gli enti naturali, né spirituale, come l’intelletto angelico ed umano. Sui generis, indefinibile e trascendente, Dio è luce perché ogni ente è aliquod genus lucis: ogni esistenza è una forma della luminosità.
La luce è vita anche nella storia delle religioni: insegna l’antropologo belga Julien Ries (1920-2013) che «fin dai primordi la volta celeste con la sua luminosità ha suscitato una forte esperienza religiosa nella coscienza dell’uomo».
La luce è segno e simbolo della divinità, cioè dell’origine da cui scaturisce e del fine cui muove ogni singolo esistente. Dall’antico Egitto all’India, dalla tradizione biblica alla gnosi: luce e tenebre si oppongono come ordine e caos, pace e conflitto, conoscenza e ignoranza. È sufficiente che una luce splenda – che semplicemente “sia” – perché le tenebre siano sconfitte: il buio, come il male, non è in sé sussistente. È pura mancanza.
Ecco perché accendiamo una luce stasera, che soltanto splendendo – essendoci – ha già vinto. Proprio come la vita, che fin dalla sua prima scintilla e fino all’ultimo flebile barlume, si impone sul non essere, sulla mancanza. E sopportando il rischio di un eccessivo spiritualismo, ci salutiamo con le parole quasi poetiche di un divulgatore scientifico moderno, Piero Angela, il quale suggerisce che «l’universo in realtà è buio, non c’è alcuna luce, le stelle non brillano, il sole non è luminoso, la luna non riflette i suoi raggi. Tutto è nero, spaventosamente nero, perché la luce esiste solo se ci sono degli occhi e un cervello capace di trasformare delle onde elettromagnetiche in segnali luminosi, come fa appunto il cervello umano. Le onde elettromagnetiche di per sé non generano luce, tutto è buio nel cosmo e silenzioso, perché senza atmosfera non ci sono suoni. Si potrebbe dire che il cosmo si accende solo quando appare l’uomo, che non sa solo vedere queste luci, ma interpretarle».
Accendiamo una luce per la vita stasera, oggi, sempre: una luce per ogni nuovo nato, per ricordarci che ogni nuovo nato accende l’universo intero.