Mense dei poveri, aperte per quarantena

La carità non va in vacanza, non prende ferie e non si lascia fermare neppure dalla serrata. Al contrario

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Last updated on marzo 29th, 2020 at 10:26 am

L’Opera San Francesco è stata fondata a Milano dai padri Cappuccini nel 1959 e da allora si occupa di accogliere i più poveri della nostra opulenta società industrializzata offrendo pasti caldi, docce pulite, l’ambulatorio medico, un guardaroba per depositare i propri pochi beni. Senza pietismi, senza distinzioni, senza discriminazioni. In totale gratuità e con attenzione alle persone, tutte le persone in difficoltà che vi si rivolgono.

In tempi di Covid-19, l’Opera San Francesco non chiude.

Certamente, debbono cambiare un poco le modalità di “erogazione” del servizio, non è possibile accedere alle mense, ma i sacchetti con i pasti pronti vengono preparati e distribuiti quotidianamente nelle due sedi di corso Concordia e piazzale Velasquez del capoluogo lombardo: circa 2.400 pasti al giorno, per chi non riesce a “mettere insieme il pranzo con la cena”, letteralmente.

Anche il servizio docce è garantito, con le opportune precauzioni che tutelino sia i volontari sia gli ospiti, perché la dignità umana passa anche da questo, e non di solo pane vive l’uomo.

Infine, sempre applicando protocolli di sicurezza rigidi e attenti, il poliambulatorio non ha mai smesso di funzionare, garantendo diagnosi e cure anche a chi non avesse accesso al Servizio Sanitario Nazionale.

Qualcosa di simile, seppur più in piccolo per quanto riguarda i numeri, avviene a Pavia, dove i frati minori del Santuario della Beata Vergine Incoronata di Canepanova, sempre legati all’Opera San Francesco, si occupano di offrire lo stesso servizio pasti, circa 120 al giorno, e distribuzione di pacchi alimentari alle frange più povere della città. Anche in questo caso, l’accesso alle mense non è permesso, ma i pasti sono pronti nei sacchetti e non lasciano solo nessuno.

Nemmeno il Banco Alimentare si ferma: magazzini, ritiri di derrate alimentari e distribuzione sono attivi in tutto il territorio nazionale, talvolta con qualche limitazione ma sempre con spirito di servizio e sussidiarietà.

Il Banco è attivo dal 1989 e si occupa di ritirare prodotti alimentari dalle aziende che li donano, di organizzarli in pacchi destinati ai bisognosi, di distribuirli grazie a una capillare organizzazione di volontari a chi ne esprime la necessità. Pasta, olio, scatolame, alimenti per l’infanzia vengono raccolti e donati tutto l’anno, con in più il grande appuntamento annuale della giornata della Colletta Alimentare, in cui chiunque può recarsi nei supermercati aderenti e «fare la spesa per i poveri».

Continua e garantita pure durante questi tempi di emergenza sanitaria, seppure non al 100%, anche l’operatività di Siticibo, che, sempre attraverso il Banco Alimentare, si occupa di ritirare e ridistribuire il cibo cotto e fresco in eccedenza dalla ristorazione organizzata (le mense, per intenderci) e dai punti vendita della grande distribuzione.

Realtà complesse, gestite secondo un codice etico ferreo, che discrimina solo fra chi si rimbocca le maniche e offre cibo e lavoro gratuito e chi invece parla, proclama, ma messo alle strette fa poco o nulla, lasciando allo Stato e allo statalismo il compito di occuparsi di tutto. Nel solco di una grande tradizione cattolica lombarda che affonda le sue radici in un lontano passato, e che non ha mai smesso di accogliere e affiancare i bisognosi, con poche parole e molti fatti.

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