Anche il Galles vuole vietare le «terapie riparative»

Nonostante la marcia indietro del governo centrale britannico, il parlamento gallese continua per la propria strada

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Le «terapie riparative» o «di conversione» suscitano da sempre dibattiti accesi. Già in passato «iFamNews» si è occupata dal punto di vista giuridico di tali consulenze, di tipo psicologico o di supporto spirituale e religioso, a disposizione delle persone omosessuali che volessero confrontarsi con questo aspetto di sé ed eventualmente preferissero essere aiutate a volgersi verso l’eterosessualità. Sono sempre di più, intanto, i Paesi che le mettono al bando, vietandole completamente, configurando così situazioni in cui la libertà religiosa e la libertà di espressione non sarebbero rispettate.

Tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022 il divieto è entrato in vigore in Francia, dove si è seguito l’esempio di Brasile, Ecuador, Malta, Albania e Germania, mentre Canada, Finlandia, Messico e Spagna stanno elaborando programmi nella medesima direzione. Nei Paesi Bassi un disegno di legge in tal senso è stato presentato al parlamento in febbraio, mentre nello stesso periodo la Nuova Zelanda ha approvato la normativa relativa e in Israele è stata diramata una circolare applicativa del ddl approvato nel 2020.

Nel Regno Unito, dove il governo pare ritornare sui propri passi rispetto alla prospettiva di vietare le terapie per le persone transgender, prospettando il divieto solo per le persone omosessuali, il Galles invece ha dichiarato che l’omissione delle persone trans nella proposta di legge sarebbe «inaccettabile».

Contemporaneamente alcuni gruppi di attivisti LGBT+ gallesi hanno annunciato che non parteciperanno a «Safe to be me», evento “inclusivo” per eccellenza, previsto per luglio a Londra e partito fra le polemiche soprattutto a causa della solita Stonewall, nota organizzazione di promozione dei diritti delle persone LGBT+, già in precedenza nell’occhio del ciclone per via di incarichi revocati da parte di organismi nazionali e internazionali, accusata ora di imporre una visione e una versione univoca e a sua volta discriminatoria.

Il viceministro per il Partenariato sociale, Hannah Blythyn, ha dichiarato che «[…] oltre a cercare una consulenza legale per individuare tutte le risorse disponibili in Galles per porre fine unilateralmente alla pratica della “terapia di conversione”, educheremo la cittadinanza e aumenteremo la consapevolezza delle brutture e dell’inefficacia di tali pratiche istituendo una campagna dedicata».

Il viceministro ha annunciato inoltre che il governo gallese e il Sistema sanitario pubblico, NHS Wales, hanno firmato un Memorandum of Understanding con la Coalition Against Conversion Therapy. Enti e organizzazioni che firmano il memorandum si impegnano a non commissionare o fornire «terapie riparative» in Galles.

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