«Terapie riparative»: divieti contro la libertà religiosa?

Con questa legge potrebbe diventare illecito persino pregare

Image from Public Domain Pictures

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Last updated on Maggio 30th, 2021 at 06:09 am

Il tema delle cosiddette «terapie riparative» è spinoso, foriero di equivoci e di polemiche. È un grande contenitore nel quale convivono approcci per affrontare il disagio causato dalla disforia di genere o dalle proprie tendenze sessuali molto diversi tra loro, talvolta opposti. Come già sottolineato da “iFamNews” nei mesi scorsi, alcune di queste «terapie» sono solo abusi intollerabili da denunciare senza esitazione.

«Terapie riparative» vietate

Eppure certi Paesi hanno passato una falce ideale su questa realtà, rischiando di negare alle persone che lo richiedano supporto psicologico, spirituale o semplicemente umano. È il caso della Germania, dove una legge proibisce ai minorenni di rivolgersi liberamente a chi offre loro supporto. Potrebbe diventare il caso del Canada, dove è in discussione una misura che potrebbe prevedere persino il carcere nei confronti di chi offre aiuto. O il caso dello Stato di Victoria, in Australia, dove alcuni leader cristiani hanno denunciato una legge che mette il bavaglio alla libertà religiosa, legge poi approvata all’inizio di febbraio.

Il caso britannico

Per evitare che qualcosa di analogo avvenga anche in Gran Bretagna è dunque intervenuta nei giorni scorsi anche la Chiesa d’Inghilterra. Il rappresentante di Canterbury nella Camera dei Comuni, Andrew Selous, del Partito Conservatore, ha chiesto al governo di varare una legge contro le «terapie di conversione» senza però penalizzare il clero che fornisce supporto spirituale alle persone che vivono la propria sessualità con disagio. «La Chiesa», ha detto Selous, «ritiene sia possibile porre fine alle “terapie riparative” senza vietare alle persone di poter pregare o di parlare privatamente con esponenti della Chiesa». Dal canto proprio, il 27 marzo, il premier britannico, Boris Johnson, ha risposto alle perplessità sollevate da Peter Lynas, dell’Evangelical Alliance: «Continueremo a consentire agli adulti di ricevere adeguato supporto spirituale (inclusa la preghiera) nelle chiese e in altri ambienti religiosi».

Le preoccupazioni

Tali rassicurazioni non convincono però Andrea Williams, amministratore delegato di Christian Concern, una delle più importanti realtà evengelicali del Regno Unito, che ricorda come «le pratiche più estreme» sono già illegali in Gran Bretagna. Pertanto «ciò che rimane» delle cosiddette «terapie riparative» è soltanto «il sostegno di preghiera offerto dalle chiese e dai gruppi parrocchiali». Il timore della Williams è che «gli sforzi pastorali profusi per aiutare le persone che provino attrazioni di tipo omosessuale (o disforia di genere) a non metterle in pratica» saranno trattati «come equivalenti a “terapie” con elettroshock o “stupri correttivi”».

L’iter legislativo

In Gran Bretagna la discussione della legge risale al 2018, quando l’allora premier Theresa May decise di vietare le «terapie riparative» come parte del suo Piano per l’uguaglianza LGBT+. Ora, a restare perplessi non sono solo gli esponenti di realtà ecclesiastiche e gli attivisti cristiani. Qualche dubbio è stato espresso anche da alcuni psicoterapeuti, i quali temono di poter scivolare nell’illecito laddove dovessero parlare con giovani pazienti a disagio con la propria “identità di genere”. È per questo che la deputata Conservatrice Alicia Kearns ha spiegato che potrebbero essere adottate misure di salvaguardia per i professionisti accreditati che assistono persone con questo tipo di disagio. Per ora, però, rassicurazioni di Johnson a parte, nessuna misura di salvaguardia è concretamente prevista per i religiosi.

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